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sabato 29 dicembre 2012

CONTRO I SINDACATI CORPORATIVI DEI DIRIGENTI STATALI SIAMO DALLA PARTE DI GIAVAZZI,ALESINA E DI COLORO CHE, SE DIRIGENTI, SERVANO IL PAESE E NON SE' STESSI E I LORO PADRINI

Levata di scudi dei sindacati corporativi della dirigenza statale contro l'articolo di Giavazzi e Alesina intitolato: “I distruttori delle riforme”
Per chi non ricordasse, clicchi sul seguente link:
Si esordisce con banalità belle e buone, dichiarando di rappresentare la dirigenza che vuole le riforme. Ma tutti in Italia vogliono le riforme. Solo con un piccolo particolare: che nessuno precisa quali siano le riforme che si vogliono, quindi è sottinteso che, dato che nel mondo del lavoro nessuno è masochista, il criterio sia quello “purchè non vengano lesi i nostri interessi” (e questi, invece, ogni categoria sa benissimo quali siano).Altra ipocrisia, quella di presumere che la dirigenza sia abituata a rispettare le leggi, quando è ormai comunemente acquisita la convinzione che in Italia (Giovanni Giolitti) “Per i cittadini le leggi si applicano, per gli amici si interpretano, per alcuni si eludono “. E poiché il politico si occupa di politica e di farle, le leggi, e l'impiegato dipende dal dirigente, ormai dovrebbe essere scontato che sia quella del dirigente la figura più rilevante di quella delicata fase.
Che certa dirigenza non voglia essere eletta, lo sapevamo. Ovvio: per non dover rendere conto a nessuno dei propri abusi . Ma nessuno ha mai chiesto questo (l'elettività). Quel che si pretende è che la dirigenza faccia funzionare lo Stato al meglio, coordinandosi e non remando contro dei politici che siano eletti dal popolo.Se il dirigente, come avviene ora, ha la libertà di ostacolare l'esplicarsi della volontà popolare è come se si inserisse della sabbia in un motore. Se la maggioranza dell'elettorato dà fiducia a una determinata coalizione è giusto che alla stessa venga messa a disposizione la macchina migliore possibile, scegliendosene gli uomini che la compongono, in modo da non avere alibi in caso di fallimento, pagando l'incapacità con la mancata rielezione.E se un dirigente dimostra capacità e applicazione in un quinquennio perchè non potrebbe vedersi riconfermato nell'incarico? Quale politico, anche di parte avversa, avrebbe interesse a non farlo? Questa storia poi che i dirigenti non possano operare perchè i politici non sanno fare le leggi non la beve più nessuno.Tutti sanno ad esempio che la Fornero ha toppato sulla vicenda esodati non perchè era con la testa fra le nuvole ma perchè tradita dai dirigenti del suo Ministero cui aveva affidato, giustamente, l'elaborazione della riforma dal punto di vista tecnico.Chi ha pagato per questo svarione che ha rovinato la vita a migliaia di persone? Ancora stiamo aspettando che in quel Dicastero qualcuno venga avvicendato da gente più preparata colpevole solo di non far parte di cordate di padrini presenti e passati (ma ancora presenti...).Potremmo fare decine di altri esempi come questo.Lo Spoils System istituzionalizzerebbe questa sana pulizia periodica, liberando la PA da dirigenti incapaci che tolgono lavoro ad altri dirigenti più preparati e bravi.Quelli che “adattano” le proposte di efficientamento della PA non sono i politici i quali vanno e vengono e spesso non sanno neppure come è fatta l'amministrazione di cui vengono nominati ministri (tanto sanno che stando così le cose, sarebbe fatica sprecata cercare di apprendere e quindi si affidano al capo di gabinetto o a referenti interni magari conosciuti in passato) ma i padrini, quelli che vogliono mantenere i posti inutili per gli amici incapaci o peggio.
Altra perla è quella di rivendicare maggiore attendibilità per il solo fatto di essere riusciti a essere ricompresi nelle OO.SS. Rappresentative in alcune aree della dirigenza.Ma come? Non avevamo detto che la dirigenza è al servizio dello Stato, quindi dei cittadini? E si ha presente cosa pensano i cittadini della Pubblica Amministrazione diretta, in ogni ramo, da anni, da chi ha vinto un concorso ed è stato nominato con i meccanismi che tutti conosciamo?Cerchiamo quindi innanzitutto di ripristinare livelli minimi di decenza nei comportamenti di fronte all'opinione pubblica (esempio: perchè i dirigenti del Ministero del Lavoro non restituiscono i premi di recente elargiti a pioggia, senza effettivi criteri meritocratici dalla Fornero,
chiedendo innanzitutto che siano rideterminati , rendendo pubblici non solo le somme ma soprattutto quali obbiettivi si sarebbero raggiunti da ognuno tali da giustificare l'eventuale premio?E restituendo ciò che avanza allo Stato?) dopo, ma solo dopo, una categoria di lavoratori potrà dire la sua su un problema (l'eventuale adozione di un sistema di spoils system) che , ovviamente, è soprattutto di interesse generale e solo di riflesso categoriale. Non c'è di peggio, per ogni Casta, che le proprie questioni vengano portate in piazza da chi, per giunta, come gli illustri professori, non può venir colpito dalle ritorsioni di una Pubblica Amministrazione che al suo interno, ci risulta, non a caso, sia divenuta molto più spietata nell'utilizzo dello strumento disciplinare finalizzato a non far trapelare verità scomode. E chi è deputato ad avviare l'azione disciplinare?Guarda caso: il dirigente.
La reazione scomposta della dirigenza a questi rilievi di Giavazzi e Alesina si sta quindi trasformando in un boomerang per la Casta dirigenziale rivelando all'opinione pubblica che esiste da anni una questione di democrazia e di limitazione di diritti che va risolta (è noto che per il dipendente pubblico, in conflitto col dirigente, l'attuale normativa preveda una tutela giurisdizionale pressochè inesistente).
E' addirittura comico che dirigenti sindacali pubblici abbiano elaborato un manifesto (mandandolo al Corriere della Sera ) non per dire chiaramente cosa loro ritenessero giusto ma per far recitare a un ipotetico cittadino una specie di poesia di natale in cui egli descrivesse il suo ideale di dirigente statale. Cioè, questi signori sono talmente abituati a fare il bello e il cattivo tempo che addirittura trattano il cittadino come quel pappagallo in braccio al ventriloquo cui viene fatto dire di tutto e di più secondo i propri comodi.
Ognuno è libero di scrivere ciò che crede come vuole, suggeriremmo però, per testare appieno il sostegno popolare alle tesi di questi sindacati corporativi che ambiscono a parlare anche in nome del popolo, di far visionare (e controfirmare, per solidarietà) i punti del manifesto:
  • a quei giovani laureati senza entrature che hanno sperimentato sulla loro pelle cosa significhi tentare di diventare dirigente pubblico tramite concorso
  • a quei dipendenti pubblici che sanno effettivamente se è vero che i più bravi e solo loro possano diventare in Italia dirigenti pubblici
  • a coloro che invano cercano su internet gli obbiettivi chiari e misurabili su cui si è convinti che si siano misurati i dirigenti
  • agli impiegati che custodiscono i faldoni o i files contenenti le “valutazioni meritocratiche” di dirigenti verso altri dirigenti e a tutti gli studiosi che da decenni elaborano ipotesi su sistemi valutativi attendibili per i dirigenti
  • agli impiegati che hanno lavorato fianco a fianco con dirigenti che hanno servito lo stato con poca dignità e poco onore, spesso silenti per timore
  • ai cittadini e alle imprese che hanno ricevuto danni irreparabili a causa dei tempi e delle modalità di attuazione delle leggi da parte di dirigenti pubblici
  • agli aspiranti dirigenti di giovane età che dovrebbero attendere che per 40 anni o più il dirigente possa esercitare la propria funzione, indipendentemente dai risultati e alla faccia delle attuali normative che prevedono il contratto a tempo determinato
  • ai politici che si sono visti sistematicamente boicottati dalla dirigenza (e dai sindacati loro alleati) quando hanno tentato di cambiare qualcosa nel funzionamento del proprio dicastero, dovendosi arrendere
E' singolare che si trasformi la realtà, non ammettendo che non è il cittadino che non vuole che il dirigente sia amico del politico di turno ma è il dirigente che è terrorizzato dall'eventuale amicizia del cittadino col politico.E spinge il cittadino ad avvicinare il politico per chiedere un favore, essendo questa l'unica condizione per avere, in tempi brevi, quanto occorre a sé stesso o alla propria azienda per sopravvivere.E' tutto il meccanismo quindi che è bloccato (soprattutto in certe zone del paese). Il rimedio è in un cittadino con un maggiore senso civico, in un politico correttamente scelto dal popolo disincentivato a praticare la corruzione ma, soprattutto, in una dirigenza soggetta a un rinnovamento periodico e predeterminato, per evitare incrostazioni e deviazioni personalistiche o di gruppo di interesse.
I dirigenti italiani dovrebbero smetterla di dare sostegno a questi falsi e fallimentari tutori sindacali dei loro interessi. Perchè fallimentari? Perchè hanno posto la dirigenza contro il popolo italiano, invece di renderla protagonista del necessario cambiamento, condannandoli, alla lunga, a una sicura sconfitta .Il cittadino non è stupido, comprende, quando ha un rapporto di anni con un ufficio importante per la propria vita e per il proprio lavoro, che se i politici (e i partiti) vanno e vengono, gli impiegati sono tartassati, malpagati e umiliati e i dirigenti mantengono la stessa poltrona per anni senza che ciò sia giustificato da risultati, è nella dirigenza che c'è qualcosa che non va. I sindacati della dirigenza se la prendono con i politici, ma vi ingannano. Chi è dentro a queste realtà sa che vi sono figure nell'ombra, tramite tra dirigenza e politici (e partiti) di turno, spesso ex dirigenti e/o sindacalisti di quella amministrazione (i padrini) , che pochi (i sindacati sicuramente)conoscono ma che tirano le fila dei “movimenti” che contano. Che sono in grado di far stare sulla stessa poltrona per anni lo stesso dirigente o di avvicendarlo, mettendo ogni pedina al proprio posto, anche tramite trasferimenti velocissimi. Spesso lo scambio di favori e il nepotismo e non certo il pubblico interesse è il motore di questi movimenti.
E' umiliante che ancora in Italia una persona brava e preparata che voglia fare carriera debba sottostare a queste logiche e compromessi. Ecco, questo è ciò contro cui devono combattere i dirigenti che intendano servire lo Stato e non altre entità. Lo Spoils System è temutissimo da questo sistema perchè da una parte promuoverebbe il periodico forzato cambiamento togliendo il potere a questi “pupari” e dall'altra creerebbe un legame forte tra cittadini elettori, politica, dirigenza per una PA più efficiente, rendendo inutile il ruolo di questi convitati di pietra.
Come vedete, siamo di fronte ad un altro esempio di come la nostra povera Carta Costituzionale (in alcune parti, certamente, da cambiare) sia stata strumentalizzata per scopi tutt'altro che alti.
Speriamo che le prossime elezioni portino elementi di novità in materia.

venerdì 28 dicembre 2012

MINISTRO FORNERO: I BOTTI DI FINE ANNO (E MANDATO)

Da HUFFINGTON POST
http://www.huffingtonpost.it/2012/12/28/bando-lampo-al-dipartimento_n_2374110.html?utm_hp_ref=italy

Autore:

"""""""""Bando lampo al Dipartimento Pari Opportunità di Elsa Fornero. A Natale si cercano quattro consulenti, ma ci sono solo sette giorni di tempo per la domanda.

Quattro incarichi di consulenza della durata di diciotto mesi con compensi variabili tra i 30 mila e gli 80 mila euro all'anno. L'offerta messa a disposizione dal dipartimento delle Pari Opportunità che fa capo al ministro Elsa Fornero è allettante. Prerequisiti: una buona conoscenza dell'inglese, una laurea magistrale, esperienza nella pubblica amministrazione con piccole sfumature a seconda dei progetti legati a ciascun incarico.
Bando pubblico, all'insegna della massima trasparenza. E, nomen omen, delle pari opportunità. O quasi. Perché l'avviso di selezione è stato pubblicato sul sito del dipartimento giovedì 20 dicembre, e a pagina 7 comma 9 il testo recita: "La candidatura deve essere compilata entro sette giorni dalla data di pubblicazione del presente Avviso.". Una settimana di tempo, compresi un weekend, due festivi e un prefestivo: 22, 23, 24, 25 e 26. Un'impresa da maratoneti natalizi.
Non solo, anche i più attenti e assidui visitatori del sito del dipartimento delle Pari Opportunità che avessero potuto notare per tempo il bando e trovato il modo - festività permettendo- di presentare la domanda nel tempo utile hanno dovuto però scontrarsi con un'altra limitazione non da poco, resa manifesta soltanto qualche riga prima del capitolo precedente. Pagina 6, comma 6: "Nella procedura di valutazione si terrà conto delle pregresse esperienze di collaborazione con Dipartimento Pari Opportunità". Insomma, lingue, laurea, merito & co sono condizioni necessarie ma non sufficienti. Meglio ancora potere fare affidamento si chi vanta già esperienze all'interno dello stesso dipartimento.
Nessuna anomalia secondo i tecnici del dipartimento. "La ricerca dei consulenti avviene tramite una selezione all'interno della nostra banca dati" spiega il Dott. Alberto De Stefano, responsabile del procedimento (firmato dal capo del Dipartimento Patrizia De Rose). "I sette giorni sono il periodo in cui è possibile presentare la propria candidatura all'albo degli esperti da cui poi si attinge per la ricerca dei profili, tutto con la massima trasparenza"."""""""""

mercoledì 26 dicembre 2012

lunedì 24 dicembre 2012

SALTANO 43.000 POSTI NELLA DIFESA

E' legge la riforma del Ministro della Difesa del Governo Monti, l'Ammiraglio Di Paola.
La maggioranza , seppur in crisi, vota la delega. Saltano 43.000 posti di lavoro e il 30% minimo degli Enti.Vi sono state fortissime pressioni dei vertici militari e dell'industria di produzione di armi.
Ritirati o bocciati tutti gli emendamenti presentati, ridotto ai minimi termini il dibattito, tenute fuori dal confronto in Aula tutte le questioni irrisolte della riforma:solo tagli di personale e di strutture; mancanza di una seria riqualificazione della spesa; nessuna misura concreta per il personale civile; niente riduzioni di spesa in armamenti; non toccati in alcun modo i tantissimi privilegi e i tanti sprechi che ancora si annidano nella Difesa.
Ad esempio questi:
http://alp-agl.blogspot.it/2012/11/ministero-della-difesa-43000-esuberi.html
E per fortuna che Monti aveva combattuto, in passato, contro le Lobby.Una delega attribuita di fatto all’Esecutivo e al Ministro della Difesa che verranno dopo le prossime elezioni politiche i quali, ci scommettiamo, saranno pienamente d'accordo con chi li ha preceduti (in Italia, su queste cose, tutta la Politica che conta è sempre d'accordo e chi pensa il contrario è un ingenuo).
Una pagina amara per i lavoratori pubblici italiani (il precedente è pericoloso e Di Paola ha fatto vedere "come si fa"), manifestazioni, scioperi e/o concertazione non sono serviti a nulla. Fallimento per tutti gli attuali sindacati rappresentativi. Conferma che di questo passo il sistema porterà i lavoratori o a perdere il posto di lavoro, o a essere impiegati quasi gratis e chi li rappresenta a fare da soprammobile.

giovedì 20 dicembre 2012

Inail, 155 mln a imprese, per salute e sicurezza sul lavoro. C'E' TEMPO FINO AL 14 MARZO 2013

L'Inail mette a disposizione oltre 155 milioni di euro alle imprese come sostegno per innalzare i livelli di salvaguardia della salute sul posto di lavoro. Si tratta di un contributo in conto capitale destinato a coprire fino al 50% l'investimento.

Clicca qui sotto:

BANDO 2012:
http://tinyurl.com/cg65gwc

COME SI PARTECIPA AL BANDO 2012:
http://tinyurl.com/chrlkek

mercoledì 19 dicembre 2012

“ASPI” , “MINI-ASPI 2012” e “MINI-ASPI” : LE ULTERIORI ISTRUZIONI DELL'INPS SULLA NUOVA “DISOCCUPAZIONE”

L'INPS fornisce alcuni chiarimenti in merito all'Indennità di disoccupazione "mini-ASpI 2012":


L'INPS ritiene che l'ipotesi della procedura di licenziamento per giustificato motivo oggettivo conclusa in sede conciliativa con una risoluzione consensuale configuri un'ipotesi di cessazione involontaria del rapporto di lavoro, dando così titolo all’accesso alla tutela del reddito corrispondente:
http://www.inps.it/bussola/VisualizzaDoc.aspx?sVirtualURL=%2fMessaggi%2fMessaggio%20numero%2020830%20del%2018-12-2012.htm
L'INPS fornisce le istruzioni circa le nuove discipline, previste dall'articolo 2 della Legge n. 92/2012 (Riforma del Mercato del Lavoro), conosciute come: Indennità di disoccupazione ASpI e mini–ASpI:
http://www.inps.it/bussola/VisualizzaDoc.aspx?sVirtualURL=%2fCircolari%2fCircolare%20numero%20142%20del%2018-12-2012.htm

martedì 18 dicembre 2012

PRECARI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: IL SALVATAGGIO

DA IL MESSAGGERO DEL 17.12.2012

Precari, ecco chi si salverà nel pubblico impiego

La proroga dei contratti a luglio riguarderà soprattutto gli enti locali e il servizio sanitario nazionale. Parte la trattativa tra i sindacati e l’Aran per definire durata, intervalli e deroghe per il lavoro flessibile

LA MAPPA

ROMA Lavorano per Regioni e Comuni e per il Servizio sanitario nazionale. Sono soprattutto loro i precari della pubblica amministrazione che possono trovare una temporanea salvezza nella proroga dei contratti triennali al 31 luglio 2013. La modifica è stata presentata dal governo al Senato e inserita nella legge di stabilità. La mappa di chi entra e chi esce ha bisogno ancora di una serie di passaggi per chiarirsi definitivamente. Il primo, è l’accordo quadro che i sindacati sono chiamati a concludere con l’Aran per definire le regole relative ai contratti a tempo determinato sia per quanto riguarda la loro durata (massimo 36 mesi, ma è prevista la deroga nel caso di contrattazione collettiva), sia per l’intervallo tra un contratto e l’altro, che per definire i casi di proroghe e rinnovi. Con ogni probabilità tutto ciò avverrà a gennaio nonostante l’intenzione del ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi fosse di stringere i tempi e di arrivarci entro fine 2012. Non è stato possibile e anche questa è una delle ragioni della proroga che riguarderà i contratti triennali in essere al 30 novembre e che scadranno a breve per essere prorogati fino, al massimo, alla fine di luglio.
La proroga non sarà automatica. E questa è una delle ragioni che renderanno la norma meno ampia di quanto si fosse pensato. Intanto non ci rientrano i 130.000 precari della scuola (per il comparto valgono regole diverse), oltre la metà dell’esercito dei 250.000 contratti a termine utilizzati nella pubblica amministrazione. Riguarderà solo marginalmente l’amministrazione centrale poiché sono pochi, appena 14.893 (quasi 6 mila nella Ricerca e Università), i precari utilizzati nei ministeri ed enti. Si concentrerà invece soprattutto nell’oceano dei 100.052 precari utilizzati dagli enti locali, la metà dei quali lavorano nelle Regioni a statuto ordinario (e nei relativi Comuni), un numero quasi alla pari con il gruppone del Servizio sanitario nazionale (35.194).
L’emendamento del governo prevede che i contratti possano essere prorogati, ferme restando le leggi in vigore. Quindi, rispetto dei vincoli finanziari e delle compatibilità con le piante organiche rivisitate dalla spending review. In altre parole, non potrà essere prorogato il contratto se il posto non c’è più. Lo stabiliranno, caso per caso, le singole amministrazioni. Un caso a parte è quello dei ricercatori: molti di loro non gravano sulla pubblica amministrazione, lavorano su progetti finanziati da dotazioni europee e quindi le amministrazioni possono prorogare i contratti per salvaguardare il completamento dei progetti (è il caso del rinnovo recentissimo, fino al 2016, per i precari dell’Istituto nazionale di sismologia). Restano fuori dalla proroga, infine, le altre tipologie di contratto flessibile come i co.co.co o i contratti di somministrazione.
L’altra parte dell’emendamento riguarda la stabilizzazione dei precari riservando loro una quota del 40% dei posti nei concorsi pubblici. Per usufruirne, però, bisogna innanzitutto che si facciano i concorsi; per parteciparvi occorre vantare 3 anni di esperienza di lavoro con l’amministrazione che indice il bando. Senza riserva possono accedere i cococo che hanno maturato almeno tre anni di contratti. Un decreto del presidente del consiglio stabilirà i dettagli tecnici entro il 31 gennaio.
Barbara Corrao

lunedì 17 dicembre 2012

ADDIO "Disoccupazione"! DALL'1.1.2013 ARRIVA L' "ASPI" (Assicurazione Sociale per l'Impiego)

L’articolo 2 della legge n. 92 del 28 giugno 2012 ha istituito, con decorrenza 1° gennaio 2013, l’Assicurazione Sociale per l’Impiego (ASpI), con la funzione di fornire un’indennità mensile di disoccupazione ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione. L’ASpI – che sostituisce la preesistente assicurazione contro la disoccupazione involontaria – si caratterizza per l’ampliamento della platea dei soggetti tutelati, per l’aumento della misura e della durata delle indennità erogabili agli aventi diritto, nonchè per un sistema di finanziamento alimentato da un contributo ordinario e da maggiorazioni contributive.
Clicca qui sotto e leggi la Circolare INPS per capire come funziona:
http://www.inps.it/bussola/VisualizzaDoc.aspx?sVirtualURL=%2fCircolari%2fCircolare%20numero%20140%20del%2014-12-2012.htm

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ITALIANA: IL FUTURO E' UN BY-PASS?

da AFFARI ITALIANI
http://affaritaliani.libero.it/economia/delocalizzazione-imprese-italia-svizzera16122012.html?refresh_ce

Tutti oltre confine/ Le Pmi italiane delocalizzano in Svizzera. A Berna il fisco è market-friendly

Lunedì, 17 dicembre 2012 - 08:51:00
Di Guido Beltrame* La notizia viene data quasi sottovoce da un funzionario della dogana, difficile verificarla, improbabile che sia inventata. Ogni giorno lavorativo, dieci camion carichi di mobili da ufficio valicano il confine tra Italia e Svizzera. Sono aziende italiane che delocalizzano o si trasferiscono completamente. Certo, non vale l'equivalenza "un camion = una società", ma fossero anche solo 2 società al giorno i numeri dovrebbero far riflettere… E invece, per comodità o - peggio - per voluta disinformazione, qualcuno continua a sostenere che chi si trasferisce in Svizzera lo fa solo per pagare meno tasse o, ancora peggio, per frodare il fisco italiano. Una bella scusa per non voler ammettere e riconoscere le debolezze, le lacune, i tumori del sistema Italia.

Arriviamo subito al punto: il carico fiscale è, sì, inferiore in Svizzera rispetto all'Italia (ormai arrivata al top delle classifiche mondiali, quindi quasi qualsiasi Paese è più conveniente dal punto di vista fiscale del nostro), ma quello che attrae gli imprenditori italiani ad andare oltre confine con le loro aziende (o parte di esse) sono anche, se non soprattutto, altri fattori: certezza delle regole, burocrazia ridotta al minimo, funzionari pubblici collaborativi e non, nella maggior parte dei casi, svogliati o addirittura incredibilmente contrari a tutte le possibili soluzioni dei problemi.

Partiamo dal fisco. In Svizzera, ci sono poche e chiare regole. Se avete un dubbio o un problema si contatta l'ufficio di tassazione e lo si risolve insieme, collaborando senza prese di posizione preconcette. Il contribuente è l'anello fondamentale della catena, non la vittima sacrificale. Si arriva, persino, in alcuni casi a preconcordare quante tasse il contribuente/società dovrà versare. Una volta versata la somma concordata non ci saranno controlli ulteriori, nessuno studio di settore, redditometro o ispezione. Annualità chiusa e avanti per l'anno successivo. La collaborazione e l'accordo preventivo fanno in modo che il contenzioso tributario sia ridotto praticamente a livelli minimi con un gran beneficio per le casse della Pubblica Amministrazione. In Italia nel 2011 sono stati eseguiti quasi 700.000 accertamenti. Peccato, poi, che agli accertamenti non faccia seguito un effettivo beneficio per le casse dello Stato.
Le statistiche dicono che, in Italia, in secondo grado (oltre, c'è la Cassazione con costi di difesa spesso insostenibili o non ragionevoli per il contribuente - non per il fisco che è difeso "gratis" dallo Stato) il contribuente ha totalmente ragione nel 45% dei casi, nel 9% dei casi il contribuente ha ragione parzialmente, il fisco vince completamente nel 41% mentre il restante 5% dei casi (fonte Ministero Economia e Finanze) il contenzioso ha un altro esito (difficile da capire quale possa essere…). Considerando, inoltre, che quasi sempre le spese di giudizio vengono compensate tra le parti, si deve concludere che il contribuente italiano è indubbiamente vessato dal fisco. Chi di noi, se sbagliasse il 50% delle sue scelte nel lavoro, riuscirebbe a sopravvivere? Probabilmente dovrebbe cambiare lavoro. I dirigenti e i funzionari del fisco sono ben più fortunati dei comuni mortali: sbagliano una mossa su due, e nessuno gli muove la benchè minima critica. Non solo, ma i costi di questa enorme macchina burocratica legata al contenzioso, non appesantiscono forse il bilancio dello Stato?

*L'autore è un dottore commercialista che esercita sia a Milano che a Chiasso

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COMMENTO ALP-AGL:

Questo articolo pensiamo sia molto utile per far capire a tutti i dipendenti pubblici italiani quale sia il terreno dove si gioca il loro futuro. Non le elezioni delle RSU che si tengono ogni tre anni e che formano organismi che non contano nulla, non l'iscrizione e l'attività per sindacati che, se rappresentativi, non esistono nell'interesse dei lavoratori ma per gli scopi dei loro vertici che intrecciano giochi perversi con certa parte della dirigenza pubblica e del mondo politico. Non nel riscuotere, seppur con regolarità (fino a quando?) , quel misero stipendio (compresi i FUA e le strampalate ripartizioni che se ne fanno) ormai eroso fino all'osso e che consente a malapena di mangiare, non nello sperare in una pensione pubblica che tra qualche anno sarà alleggerita fino a volare via, non nella previdenza integrativa, concepita a uso e consumo di grandi sindacati, compagnie assicurative e banche che vogliono esercitarsi a fare gli speculatori di borsa con le vostre liquidazioni, facendovele sparire. Non nell'ossequiare un dirigente per il quale voi siete solo dei soldatini da mettere in campo per continuare ad avere titolo a sedere sulla propria poltrona.
L'unica maniera per capovolgere questo amaro destino è entrare in rapporto diretto con cittadini e imprese, capire le loro esigenze, collaborare tutti per un nuovo Stato, una nuova Pubblica Amministrazione, mandando in soffitta i vecchi Sindacati e i vecchi Partiti che vi hanno usato, portato a questo punto e che tra poco vi butteranno via.
Che il 2013 sia l'anno dal quale cominci la rimotivazione personale e la capacità di riorganizzarsi in forme nuove. D'altronde, peggio di così...

martedì 11 dicembre 2012

SPOILS SYSTEM: FINALMENTE NON SIAMO PIU' SOLI, IN ITALIA, A SOSTENERLO APERTAMENTE

DAL “CORRIERE DELLA SERA” DEL 5.12.2012

I distruttori delle riforme

di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi



“Sì dice spesso che le riforme non si fanno perché lo slancio riformatore di molti governi (compreso quello attuale) è bloccato dai partiti, i quali in Parlamento difendono gli interessi di chi, per effetto di quelle riforme, perderebbe i propri privilegi. Vero, ma non è l’unico scoglio. Un altro ostacolo, altrettanto importante, è frapposto dalla burocrazia e dai suoi alti dirigenti. Un esempio: da oltre sei mesi si discute di come eliminare i sussidi e le agevolazioni di cui godono talune imprese (senza vi sia alcuna evidenza che questi aiuti favoriscano la crescita), in cambio di una riduzione del cuneo fiscale, cioè restringendo la forbice che separa il costo del lavoro per l’impresa dal salario percepito dal lavoratore. È una scelta con la quale concordano sia Confindustria sia i sindacati.
Ma la proposta, pur auspicata dal presidente del Consiglio, non è neppure arrivata in Parlamento: da mesi la burocrazia la blocca. Perché? Semplice: eliminare questo o quel sussidio significa chiudere l’ufficio ministeriale che lo amministra e assegnare il dirigente che lo guida a un diverso incarico. Ciò per lui significa perdere il potere che deriva dall’amministrare ingenti risorse pubbliche. È così che i dirigenti si oppongono sempre e comunque a riduzioni della spesa che amministrano, indipendentemente dal fatto che serva, o meno, a qualcosa. Ma basta questo per bloccare una riforma che anche i partiti in Parlamento auspicano? Perché la burocrazia ha questo potere? Fino a qualche anno fa i funzionari erano di fatto inamovibili: i ministri andavano e venivano, ma i dirigenti dei ministeri rimanevano. Non è più così. Oggi gli alti funzionari si possono sostituire, e tuttavia nulla è cambiato.
Il motivo del loro potere è più sottile e ha a che fare con il monopolio delle informazioni. La gestione di un ministero è una questione complessa, che richiede dimestichezza con il bilancio dello Stato e il diritto amministrativo, e soprattutto buoni rapporti con la burocrazia degli altri ministeri. I dirigenti hanno il monopolio di questa informazione e di questi rapporti, e hanno tutto l’interesse a mantenerlo. Hanno anche l’interesse a rendere il funzionamento dei loro uffici il più opaco e complicato possibile, in modo da essere i soli a poterli far funzionare. E così quando arriva un nuovo ministro, animato dalle migliori intenzioni (soprattutto se estraneo alla politica e per questo più propenso al cambiamento), a ogni sua proposta la burocrazia oppone ostacoli che appaiono incomprensibili, ma che i dirigenti affermano essere insormontabili.
E comunque gli ricordano che prima di pensare alle novità ci sono decine di scadenze e adempimenti di cui occuparsi: non farlo produrrebbe effetti gravissimi. Spaventato, il ministro finisce per affidarsi a chi nel ministero c’è da tempo. È l’inizio della fine delle riforme. E se per caso il governo ne vara qualcuna senza ascoltare la burocrazia, questa mette in campo uno strumento potente: solo i dirigenti, infatti, sono in grado di redigere i decreti attuativi, senza i quali la nuova legge è inefficace. Basta ritardarli o scriverli prevedendo norme inapplicabili per vanificare la riforma.
Prendiamo il caso delle pur timide liberalizzazioni varate in primavera con il decreto «cresci Italia»: come ricordava il Corriere il 19 novembre, fino a poche settimane fa, su 53 regolamenti attuativi ne erano stati emanati soltanto 11.
Che fare? La prima decisione di ogni nuovo ministro deve essere la sostituzione degli alti dirigenti del ministero che gli è stato affidato, a partire dal capo di gabinetto. Il ricambio deve cominciare da coloro che da più tempo occupano lo stesso posto e per questo sono spesso i più conservatori, cioè i meno propensi al cambiamento. I costi sono ovvi: un nuovo dirigente ci metterà un po' a prendere in mano le redini del ministero. Ma è un costo che val la pena pagare, quanto più si vuol cambiare.
Certo, c'è il rischio che le nomine siano solo politiche, e cioè che invece di dirigenti preparati il ministro scelga in base alle appartenenze politiche. Questo è possibile, ma saranno poi gli elettori a decidere se un governo ha cambiato qualcosa. E i cittadini giudicheranno un governo anche dalla qualità delle persone cui ha affidato l'amministrazione dello Stato. È comunque un sistema migliore di quello di oggi in cui dirigenti non eletti ostacolano e influenzano l'operato di governi eletti direttamente, o indirettamente come nel caso di questo governo «tecnico».”






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COMMENTO AGL

Abbiamo più volte sollevato il tema in precedenti nostri interventi e quindi, basta andare a rileggerli:



Non possiamo che concordare pienamente con quanto sostenuto dagli illustri professori e auspichiamo che attorno a questo obbiettivo si formi un vasto movimento di opinione pubblica, di forze politiche e sociali e di lavoratori.
I primi a sostenere queste tesi dovrebbero essere proprio quei dirigenti che oggi, pochi e isolati, all'interno della burocrazia italiana, nonostante tutto, si comportano in maniera eccellente.
La politica ha le sue responsabilità gravi e indubbie ma la costante accusa verso di essa da parte della dirigenza ormai convince pochi. Basti evidenziare che è proprio sulla dirigenza (i “tecnici”)che gli uffici legislativi degli uomini politici si appoggiano quando devono elaborare il testo di nuove leggi. E questo dall'Unità d'Italia ad oggi. Di chi è la colpa quindi della farraginosità delle norme?
E' fallita, come soluzione sperimentata, la “privatizzazione” della dirigenza la quale se non ha avuto spazio dalla politica è perchè ciò ha fatto comodo a molti dirigenti. La “valutazione” è una sciocchezza se demandata ai politici o a tecnici esterni alla PA o a pari, interni, dei dirigenti della PA stessi (la famosa “autonomia valutativa” della dirigenza ossia: “solo chi sa il mestiere può valutare adeguatamente il lavoro del suo collega”).
La crescita esponenziale indiscriminata delle retribuzioni dirigenziali ha fatto solo danni, che i cittadini patiranno ancora per molto tempo, in futuro. Si è totalmente persa l'etica del lavoro. Quasi tutti i dirigenti non hanno più come ideale il bene dello Stato e dei cittadini bensì il successo economico personale. Si disse: “se vogliamo i migliori dobbiamo pagarli”. Solo che non si è mai capito perchè il flusso dei dirigenti fosse unidirezionale (dall'esterno alla PA, senza ritorno). Evidentemente perchè fare il dirigente all'interno della PA significava sottrarsi alla concorrenza e alla meritocrazia.
E' strumentale e ipocrita l'uso che si è fatto delle norme costituzionali in materia: il buon andamento non c'è mai stato (domandatelo, nel dubbio, ai cittadini) e la parzialità della PA è stata la regola non scritta cui tutti in Italia si sono adeguati per timore di ritorsioni. Se notate, tutti coloro che disquisiscono sul tema ancora non hanno chiaro dove finisca il compito della politica e dove inizi quello della dirigenza. Poiché ciò è controverso e ognuno decide per sé, il risultato è la sovrapposizione. La coscienza si mette a posto anche solo avendo enunciato il problema, senza risolverlo in maniera soddisfacente. Non a caso, i modelli di PA esteri (che in Italia non riusciremo mai a emulare perchè l'italiano è italiano e natura non facit saltus) divergono nella sostanza da quello nostrano.
Lo Spoils System sarebbe un sistema vincente poiché è colui che è stato eletto dai cittadini ad essere il primo interessato ad essere riconfermato e quindi a circondarsi degli esecutori più preparati, esperti e capaci. Pericoli? Come in tutte le cose umane e per questo la presenza della Magistratura va rafforzata, secondo noi, rendendola elettiva, quindi specchio anch'essa del volere dei cittadini. Tutto ciò implica una necessaria revisione della Costituzione che speriamo possa avvenire nella prossima legislatura. Se non altro perchè ormai è chiaro che questo sistema non ha funzionato. Da decenni. A chi formula ipotesi catastrofiste (danni, conflittualità, contenziosi, ecc.) in caso di cambiamento, rispondiamo: siamo scesi talmente in basso e siamo ridotti così male che l'unica possibilità di salvarci (noi, lo Stato, l'economia, la democrazia) è cambiare. Peggio di così non può andare... E' più semplice azzerare tutto e ricostruire una organizzazione più moderna, snella efficiente che cercare di modificare questa giungla. Tutti hanno fallito e non si vedono all'orizzonte soggetti in grado di metterci le mani con successo. Ha fallito in questo Berlusconi, così come la sinistra, così come il centro e i tecnici. I cittadini non hanno più voglia né soldi da buttare in questo apparato fallimentare e mostruoso. Liberiamocene e rifacciamo tutto nuovo. Chi vuole, continui pure a sognare ad occhi aperti, formulando generiche e illusorie frasi programmatiche: lo fa da anni , senza essere venuto a capo di nulla.

STRANIERI CHE SIANO PROFESSIONISTI QUALIFICATI: COME OTTENERE LA “CARTA BLU”?

Stiamo parlando di lavoratori altamente qualificati che vogliono venire in Italia, sia di professioni regolamentate che non regolamentate.
Forse non tutti sanno che l'Italia ha aperto un canale privilegiato per l’arrivo di lavoratori stranieri “altamente qualificati”. Infatti possono entrare INDIPENDENTEMENTE DAI DECRETI FLUSSI in ogni momento dell’anno in base alle richieste delle aziende.
Formalmente, a tal fine, diventano titolari di una “CARTA BLU UE”, il riconoscimento delle qualifiche professionali acquisite dal lavoratore straniero all’estero.
Cosa si intende per lavoratore "altamente qualificato"?
Uno che deve aver completato in patria un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale e aver conseguito una qualifica professionale che rientri nei livelli 1, 2 e 3 della classificazione ISTAT delle Professioni.
Per un elenco completo, clicca qui sotto e vai al sito ISTAT, guardando ai punti 1, 2 e 3:
http://cp2011.istat.it/
Per accedere a professioni regolamentate deve , in aggiunta, avere gli altri requisiti previsti dalla legge italiana,a seconda della professione di cui trattasi.
Il Ministero dell'Interno ha di recente dato una precisa indicazione relativamente alle due procedure previste.
Clicca qui sotto per leggere la Circolare:
http://tinyurl.com/cu9gqze

Per le professioni REGOLAMENTATE in Italia il riconoscimento andrà chiesto alle autorità indicate dagli articoli 16 e 17 del Decreto legislativo 6 novembre 2007, n.206, che avranno trenta giorni per rispondere. In via esemplificativa: il Ministero della Salute, per le professioni sanitarie; il Dipartimento per le politiche giovanili e le attività sportive della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per le attività che riguardano il settore sportivo
Per comparare e riconoscere qualifiche professionali esistenti all’estero e NON REGOLAMENTATE in Italia, il lavoratore o l’azienda che lo vuole far arrivare dovranno presentare una domanda al ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, utilizzando un modulo allegato alla circolare.
(insieme alla domanda bisognerà presentare le copie autentiche del titolo di studio estero, anche tradotto e legalizzato con allegata dichiarazione di valore e del piano di studi compiuti con esami superati e relativa votazione)
Clicca qui sotto e vai in fondo alla pagina che si aprirà per scaricare il modello di domanda:
http://tinyurl.com/cox5h8r

lunedì 10 dicembre 2012

I lavoratori della Scala lanciano volantini dal loggione

La Prima della Scala a Milano lo scorso 7 dicembre ha registrato verso la fine dello spettacolo, il lancio di volantini di protesta dal loggione. In sintesi, i lavoratori denunciano quanto segue.
*Tra i lavoratori, artisti compresi, che hanno lavorato al Teatro alla Scala, già ci sono otto morti per malattie correlate all’amianto
* licenziata la ballerina solista del Corpo di Ballo della Scala per aver parlato e scritto un libro sui disturbi alimentari e non solo delle giovani che entrano nel mondo della danza.
* Il “Teatro alla Scala” è classificato ad “Alto Rischio”. Ogni anno, l’edificio accoglie 400 mila spettatori. Sarebbero necessari 20 Vigili del Fuoco Interni. Attualmente sono ridotti a 12.
*Il personale di sala è sotto organico del 50%
* 300 cause depositate presso il Tribunale di Milano intentate dai lavoratori precari della Scala per essere stabilizzati
*Un numero spropositato di lavoratori inquadrati da anni con contratto a tempo indeterminato “a chiamata”
* nel Coro avvengono violazioni del Contratto Nazionale delle Fondazioni Lirico-Sinfoniche e degli Accordi Interni. La Commissione che seleziona gli aspiranti coristi ha denunciato l’illegittimità, a danno dei selezionati, causata dal trattenimento in servizio di un corista pensionato
(ne abbiamo parlato tempo fa qui:
http://alcom-agl.blogspot.it/2012/10/coro-della-scala-perche-lui-noanche-se.html )
* La “Fondazione Teatro alla Scala” è proprietaria di un edificio con parcheggio sotterraneo siti in Via Verdi. L’edificio viene lasciato vuoto
* la Direzione del Teatro che si occupa del settore “Acquisti di beni e servizi” ha indetto operazioni d’asta con affidamento ad Aziende con il 40% di ribasso
* Noleggiati mezzi di trasporto, lasciando fermi numerosi mezzi di proprietà della Scala.

Si tratta, come si vede, di una situazione scottante, comune a tanti teatri italiani, sofferta, oltre che dalla cittadinanza sensibile al teatro e alla cultura in generale, in particolare dai lavoratori impegnati in quelle strutture.
Attendiamo, dalla Fondazione e dalla Direzione, che venga chiarito il proprio punto di vista su quanto denunciato dai lavoratori che ci sembra abbastanza grave.
Ricordiamo che la Cultura è il futuro del nostro Paese, al contrario di altri settori ormai senza futuro ma sui quali vi è un investimento di risorse spropositato.
Siamo solidali con i lavoratori della Scala e con quelli di tutti i teatri italiani.

ALCOM-AGL

domenica 2 dicembre 2012

DIRIGENTI E GENTILUOMINI

Da ADNKRONOS


“””Le proposte per il Governo

Per i manager occorrono meritocrazia, lotta evasori e sanità privata

Occasione, gli stati generali della Cida tenutisi ieri mattina a Milano. "Occorre -spiega il presidente della Confederazione Silvestre Bertolini- ridurre l'ingerenza politica nella gestione delle strutture sanitarie".
Milano, 27 nov. (Adnkronos) - Gestione privata della sanita', meritocrazia nell'amministrazione pubblica e stretta sull'evasione. Questi alcuni dei punti fondamentali del rinnovamento politico-economico che la Cida, la Confederazione dei dirigenti d'azienda, propone al presidente del Consiglio Mario Monti per rilanciare l'economia del Paese. Occasione, gli stati generali della Cida tenutisi ieri mattina a Milano. "Occorre -spiega il presidente della Confederazione Silvestre Bertolini- ridurre l'ingerenza politica nella gestione delle strutture sanitarie".
Sul fronte della meritocrazia, la Cida propone di utilizzare per la valutazione dei dirigenti "gli stessi criteri della dirigenza privata, basata su performance, merito e raggiungimento di obiettivi". In generale il presidente chiede "un dimagrimento strutturale di uffici e apparati statali, una riduzione dell'infrastruttura politica ed una governance statale snella ed essenziale". Per Bertolini e' necessario intervenire anche sul fronte dell'evasione, "riducendo per gli evasori i benefici pubblici, come i servizi sanitari ed assistenziali, l'eleggibilita' a cariche pubbliche e il diritto alla privacy". Su quest'ultimo punto, "pubblicare i nomi degli evasori" potrebbe essere utile.La crescita non si fa per decreti" sottolinea Bertolini parlando della politica industriale italiana. Al riguardo ritiene necessaria una "vera e propria rivoluzione culturale". Per il presidente la direzione da prendere e' quella della diffusione del modello delle reti d'impresa e dell'aumento della convenienza fiscale per le attivita' che si vogliono internazionalizzare.”””
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COMMENTO ADIR-AGL



Non eravamo presenti a questa iniziativa della CIDA ma non crediamo di esserci persi molto. In effetti, se le conclusioni sono queste, si tratta ( per la parte strettamente attinente a sanità,meritocrazia, evasione e ruolo della dirigenza mentre, per il resto, relativo allo snellimento della PA e della politica e allo sviluppo economico si può anche essere d'accordo) delle consuete banalità che andavano di moda qualche anno fa e che ormai neppure coloro che ne furono i primi assertori, dati gli esiti , si degnano di riproporre.
Se meritocrazia significa raggiungere determinati incarichi sulla base di quanto si è fatto e di quanto si sa, la CIDA è perfettamente al corrente che questa non è mai stata nè nel pubblico nè nel pubblico privatizzato la realtà. La nomina infatti è solo politica. Tutt'al più la politica negli ultimi tempi attinge più alle proprie riserve di trombati senza speranza che al vivaio creato, su basi clientelari o parentali, dalla casta dirigenziale stessa. Possiamo leggere queste affermazioni, quindi, come il disappunto di chi si vede relegato al ruolo di seconda scelta cercando di recuperare celandosi dietro una presunta meritocrazia. Coloro che restano fuori da questo gioco, tutt'altro che meritocratico sono, invece, i giovani dirigenti di valore che non trovano occasioni e sono costretti a guardare all'estero. Nel privato non se ne uscirà finchè non si guarderà finalmente allo sviluppo di produzioni che abbiano un futuro e  richiedano un nuovo dinamismo. Nel pubblico finchè non si riapriranno le possibilità di carriera e si darà la possibilità ai funzionari più bravi di divenire dirigenti attraverso una sorta di apprendistato interno (la vicedirigenza o predirigenza), creando un bacino da cui attingere. Scontato ribadire che tutto ciò potrà realizzarsi solo avendo una università che formi sul serio e in cui anche i docenti siano reclutati sulla base della meritocrazia e non delle parentele. E non sarebbe male abolire anche il valore legale del titolo di studio. E, a completamento,  riformare la materia delle professioni protette, semplicemente rifacendosi alla realtà europea che su questo, stranamente, fatichiamo ad emulare.
Finchè il privato (sia riguardo alle strutture sanitarie che al corredo assicurativo)sarà all'italiana sarà meglio che la sanità rimanga pubblica, accontentandoci semmai, in un primo momento,  di reprimere una volta per tutte comportamenti scandalosi di certe regioni nei quali non si può negare abbiano un ruolo certi manager che dicono di ispirarsi a principi propri del privato. Quanto all'evasione, come non osservare che così come alle auto si chiedono determinate prestazioni per avere un'alta valutazione così, riguardo ai dirigenti, è senz'altro più quotato colui che è più abile nel far risparmiare risorse alla proprietà anche a costo di eludere o evadere il fisco? Un manager esperto di paradisi fiscali ha oggi più o meno possibilità di lavoro nelle aziende (oltre che nelle pubbliche amministrazioni o nei partiti) di uno che non lo sia o lo sia ma non voglia mettere a frutto quella parte del suo sapere?
E' fuorviante (oltre che superato ) sostenere che la soluzione sia ridurre l'ingerenza politica nelle strutture sanitarie. Innanzitutto perchè c'è la criminalità organizzata che tira i fili, in molte situazioni, come quotidianamente ci dice la cronaca, pensando essa a coordinare cattiva politica e cattiva dirigenza sanitaria. Ma anche se depurassimo la sanità da questa presenza, resterebbero aperti alcuni problemi . Politica e dirigenza contrariamente a quel che tutti dicono dovrebbero essere più uniti e concordi che mai, pur svolgendo separatamente i propri compiti e non sostituendosi (spesso prostituendosi) l'una all'altra. Ma ciò a tempo determinato, in modo da prevenire il formarsi di strutture di potere permanenti e dannose. E il tempo deve coincidere con la legislatura (nazionale o regionale) e con il contratto del dirigente. Siamo per lo Spoils System (che ovviamente richiederà le necessarie modifiche dell'architettura legislativa) che non significherà mandare a casa dirigenti meritevoli ma dare la possibilità ai nuovi, altrettanto dotati, di subentrare, ottimizzando il rapporto dirigenza/politica.Attingendo dal suddetto bacino.
Se non altro, perchè il sistema attuale, alternativo, non ha funzionato. Sintomatico come la CIDA parli , in materia di dirigenza pubblica, di valutazione ispirata al settore privato facendo finta di non sapere che ciò per legge esiste sin dal 1993 (da vent'anni) ma nessuno l'ha presa sul serio, per mancanza di convenienza e di volontà politica, innanzitutto dei più grandi sindacati (compresa la CIDA) che notoriamente intrecciano con la dirigenza interessi non esattamente orientati al bene pubblico.
Da ultimo, tornando all'evasione fiscale, due sono le cose: o la CIDA intende far sbagliare strada allo Stato (suggerendo una via di illusoria repressione pura e semplice di comportamenti criminali, senza aggredire la fonte del problema) oppure, come sospettiamo, l'attuale gerontocratica dirigenza privata e pubblica che la CIDA vorrebbe tutelare è abissalmente distante dal mondo del lavoro e della produzione. Ed è allarmata solo dalla possibilità che anche per loro i soldi pubblici comincino a prosciugarsi. Come si fa infatti a non porre l'accento, nelle dichiarazioni, sul fatto che l'evasione è il risultato di un sistema fiscale fallito, basato su una P.A monstre , che spende troppo pur pagando poco i suoi dipendenti, su aliquote spropositate e su una giungla di adempimenti demenziale? Che il lavoratore e il piccolo imprenditore per sopravvivere , dato il cuneo fiscale che pesa sulle retribuzioni e quindi sulla competitività, sono giocoforza costretti a praticare il nero?
La CIDA avrebbe fatto meglio a proporre, se proprio avesse voluto dire qualcosa di nuovo,  ai propri associati di adottare regole di comportamento tali che autoimpongano ai manager , in questo momento così delicato per il Paese, nella vita interna delle loro aziende, di aiutare innanzitutto lo Stato a colpire comportamenti illeciti, anteponendo la legalità alla necessità, spesso contrastante, di favorire il successo della propria azienda, chiudendo un occhio su comportamenti della proprietà. Avrà il coraggio di farlo, prima o poi? Ad esempio schierandosi con chi vuole che si ritorni a una disciplina  più seria contro il falso in bilancio?

sabato 1 dicembre 2012

CORTE COSTITUZIONALE SU MATERNITA' PER LIBERE PROFESSIONISTE CHE ADOTTANO UN BAMBINO

Corte Costituzionale Sentenza n. 257 del 22.11.2012 (brani della sentenza):

""""""""""(...)1.— Il Tribunale di Modena, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 27 settembre 2011 (r.o. n. 98 del 2012) ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 64, comma 2, e 67, comma 2, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), in riferimento agli articoli 3, 31 e 37 della Costituzione «nella parte in cui, relativamente alle lavoratrici autonome e alle lavoratrici iscritte alla gestione separata e tenute al versamento della contribuzione dello 0,5 per cento di cui all’art. 59, comma 16, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, che abbiano adottato un minore, prevedono l’indennità di maternità per un periodo di tre mesi anziché di cinque mesi».(...)
Ciò posto si deve osservare che, come questa Corte ha già affermato, gli istituti nati a salvaguardia della maternità non hanno più, come in passato, il fine precipuo ed esclusivo di protezione della donna, ma sono destinati anche alla garanzia del preminente interesse del minore, che va tutelato non soltanto per quanto attiene ai bisogni più propriamente fisiologici ma anche in riferimento alle esigenze di carattere relazionale ed affettivo, collegate allo sviluppo della sua personalità (sentenze n. 385 del 2005 e n. 179 del 1993).
Tale principio è tanto più presente nelle ipotesi di affidamento preadottivo e di adozione, nelle quali l’astensione dal lavoro non è finalizzata solo alla tutela della salute della madre, ma mira anche ad agevolare il processo di formazione e crescita del bambino (sentenza n. 385 del 2005), creando le condizioni di una più intensa presenza degli adottanti, cui spetta (tra l’altro) la responsabilità di gestire la delicata fase dell’ingresso del minore nella sua nuova famiglia.
In questo quadro, non si giustifica, ed appare anzi manifestamente irragionevole, che, con riferimento alla stessa categoria dei genitori adottivi, mentre alle lavoratrici dipendenti, che abbiano adottato o avuto in affidamento preadottivo un minore, spetta un congedo di maternità (con relativa indennità) per un periodo massimo di cinque mesi, sia in caso di adozione (o affidamento preadottivo) nazionale che internazionale (art. 26, commi 1, 2 e 3 del d.lgs. n. 151 del 2001), alle lavoratrici iscritte alla gestione separata sia riconosciuta un’indennità di maternità per soli tre mesi. L’irragionevolezza di tale trattamento differenziato è palese, ove si consideri che, in entrambi i casi, si verte in tema di adozione o di affidamento preadottivo.
È vero che tra lavoratrici dipendenti e lavoratrici iscritte alla gestione separata sussistono differenze che rendono le due categorie non omogenee. Nella questione in esame però vengono in rilievo non già tali diversità, bensì la necessità di adeguata assistenza per il minore nella delicata fase del suo inserimento nella famiglia, anche nel periodo che precede il suo ingresso nella famiglia stessa, e tale necessità si presenta con connotati identici per entrambe le categorie di lavoratrici.
Ne deriva che la discriminazione sopra riscontrata si rivela anche lesiva del principio di parità di trattamento tra le due figure di lavoratrici sopra indicate che, con riguardo ai rapporti con il minore (adottato o affidato in preadozione), nonché alle esigenze che dai rapporti stessi derivano, stante l’identità del bene da tutelare, vengono a trovarsi in posizioni di uguaglianza.
Conclusivamente, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 64, comma 2, del d.lgs. n. 151 del 2001, come integrato dal richiamo al d.m. 4 aprile 2002 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 136 del 12 giugno 2002, nella parte in cui, relativamente alle lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, che abbiano adottato o avuto in affidamento preadottivo un minore, prevede l’indennità di maternità per un periodo di tre mesi anziché di cinque mesi.
Ogni altro profilo rimane assorbito.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 64, comma 2, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), come integrato dal richiamo al decreto ministeriale 4 aprile 2002 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 136 del 12 giugno 2002, nella parte in cui, relativamente alle lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), che abbiano adottato o avuto in affidamento preadottivo un minore, prevede l’indennità di maternità per un periodo di tre mesi anziché di cinque mesi;
2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 67, comma 2, del d.lgs. n. 151 del 2001, sollevata dal Tribunale di Modena, in funzione di giudice del lavoro, in riferimento agli articoli 3, 31 e 37 della Costituzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe
(...)
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Alessandro CRISCUOLO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere (...)""""""""""

PP.AA. DIMISSIONI IN BIANCO : FIGLI DI UN DIO MINORE?

Ministero del Lavoro, Direzione Gen. Attività Ispettiva, risposta a Interpello 35/2012
""""""""""(...) si ritiene pertanto che l’art. 4, commi 16-22, L. n. 92/2012, in materia di validazione delle dimissioni presso la competente Direzione territoriale del lavoro, ovvero presso i Centri per l’impiego o altre sedi individuate dalla contrattazione collettiva, non sia immediatamente applicabile con riferimento al personale contrattualizzato delle università e, più in generale, delle pubbliche amministrazioni.""""""""""
Vai al sito della Direzione Territoriale del Lavoro di Modena per scaricare la risposta all'Interpello  in versione integrale:
http://www.dplmodena.it/interpelli/26-11-12inter_35-2012.htm    
Ecco un significativo esempio di come i pluripremiati vertici del Ministero del Lavoro (dalla firma tra l'altro ricaviamo che si tratta sempre degli stessi, nonostante i risultati disastrosi) si rapportino ai gravi problemi delle persone che lavorano nel nostro Paese. E per fortuna che nelle Pubbliche Amministrazioni dicono che il posto è sicuro, che si stia meglio che nel Privato, che si ritenga in generale  che l'italiano sia trattato meglio dello straniero e  che esista una normativa protettiva per le donne.Ci domandiamo cosa abbiano fatto dal 18 luglio al 22 novembre, oltre a riscuotere premi pagati da noi e a tenere riunioni-farsa con i sindacati rappresentativi (non sappiamo se completati da pranzo, cocktail o buffet) , i dirigenti preposti , nel Ministero del Lavoro e nel Ministero della Pubblica Amministrazione, ad attuare questa come altre norme.
Saremmo veramente sorpresi se, chiunque vinca, dopo le elezioni, non accadesse che su qualcuna di queste poltrone, dopo tanti anni e tanti governi succedutisi, non si trovasse il modo di sostituirne il sedere.