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mercoledì 4 dicembre 2013

7 LAVORATORI CINESI MORTI: I MAGISTRATI: “4 INDAGATI CINESI,PER ORA, MA LE INDAGINI POTREBBERO ALLARGARSI AD ALTRI SOGGETTI...”. SPERIAMO!

                                                               (foto da www.ansa.it)

GIOVANNINI (Ministro del Lavoro): "MAI PIU' SIMILI EPISODI" -"Simili episodi non possono e non debbono ripetersi". Lo ha detto oggi il ministro del Lavoro Enrico Giovannini, rifererendo alla Camera sulla strage di Prato . Purtroppo è un'ulteriore dimostrazione delle conseguenze di condotte volte a negare tutele legali ai lavoratori". "Non si può abbassare la guardia nell'opera di prevenzione e controllo sulla normativa di settore". A Prato, ha aggiunto il ministro, che è "un importante distretto tessile", risulta difficile "l'operazione di controllo e prevenzione". Giovannini ha poi spiegato che c'è una "programmazione a cadenza settimanale di interventi mirati e coordinati con gruppo interforze". Resta comunque una "condizione di insostenibile e illegale sfruttamento". 
29 NOVEMBRE 2013: ECCO QUANTO AVEVA APPENA RESO NOTO IL MINISTERO DEL LAVORO (NON SI CAPISCE BENE RELATIVAMENTE A QUALE PIANETA) :
“Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Ufficio Stampa
Lavoro, irregolari metà delle aziende ispezionate, in aumento lavoro nero, finte collaborazioni e partite IVA

Lavoro irregolare sotto la lente degli ispettori. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali comunica i risultati del l'attività di vigilanza sulla mancata applicazione delle norme previdenziali e della prevenzione e sicurezza del lavoro.
Nel periodo gennaio-settembre 2013 sono state ispezionate 101.912 aziende, in lieve aumento (0,1%) rispetto allo stesso periodo nell'anno precedente; in 56.003 aziende, pari al 55% di quelle controllate, sono stare riscontrate delle irregolarità. La costanza del numero delle aziende ispezionate scaturisce da una specifica strategia del Ministero, mirata a concentrare le verifiche verso obiettivi significativi in relazione a fenomeni irregolari di rilevanza sociale: lavoro nero, tutela dei minori, sfruttamento extracomunitari clandestini, elusione contributiva e sicurezza sul lavoro.
Le ispezioni hanno consentito di verificare 202.379 posizioni lavorative (in diminuzione del 29,3% rispetto a gennaio-settembre 2012) con l'individuazione di 91.109 lavoratori irregolari, di cui 32.548 totalmente in nero (pari al 36% dei lavoratori irregolari, con un aumento di 5 punti percentuali rispetto allo scorso anno). In 439 casi è stata riscontrata una violazione penale per impiego di lavoratori minori, mentre è stato individuato l'impiego di 816 lavoratori extracomunitari clandestini, circa il 2,5% dei lavoratori in nero, in lieve diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2012.
Il lavoro irregolare è diffuso in tutti i settori di attività economica, tuttavia la quota del lavoro nero si annida maggiormente in agricoltura (58% degli irregolari) e nell'edilizia (43%).
Tutti gli altri fenomeni, quali ad esempio appalti illeciti, l'uso non corretto del contratto di somministrazione (7.548 numero di lavoratori coinvolti) e le violazioni della disciplina in materia di orario di lavoro (10.082 lavoratori) subiscono una decisa riduzione.
Violazioni rispetto alle norme di prevenzione e sicurezza del lavoro sono state riscontrate in 24.316 aziende, pari al 25,8% delle aziende ispezionate, con una diminuzione di 5 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2012.
Infine, nonostante gli irrigidimenti previsti dalla legge 92 del 2012, si riscontra un aumento del le "riqualificazioni" dei rapporti di lavoro, che avvengono nel caso in cui l'ispettore giudica diversamente un rapporto di lavoro, sia dipendente sia autonomo, come nel caso delle collaborazioni a progetto non genuine e delle false partite Iva. Le riqualificazioni nel periodo gennaio-settembre 2013 sono complessivamente 14.520, corrispondenti a circa il 26% dei lavoratori irregolari, con un aumento di 6 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
Dal punto di vista finanziario, le sanzioni per le irregolarità riscontrate ammontano complessivamente a 78,1 milioni di euro, con una diminuzione di circa 13 milioni di euro (-14,2%) rispetto all'anno precedente.
Si allega la tabella dei dati
Roma 29 novembre 2013”

Domanda: visto che sono scattate le indagini, gradiremmo sapere nome e cognome di chi sapeva e non ha adempiuto ai suoi doveri di ufficio. E di chi, dall'alto, o non ha controllato se determinate attività ispettive venivano svolte con la dovuta incisività o si è adoperato, dati i rilevanti interessi economici italiani alla presenza di queste realtà apparentemente solo cinesi, affinchè veri controlli non venissero fatti.
E poi: in Italia gira la voce che quando viene denunciato qualcosa che non va nei luoghi di lavoro è vero che le ispezioni vengono disposte ma molte volte avvisando, da parte di funzionari e dirigenti pubblici infedeli, i datori di lavoro interessati con congruo anticipo in modo che possano salvarsi.
Domandiamo alle Forze dell'Ordine e alla Magistratura: sono mai state fatte indagini e intercettazioni sulla reale consistenza di questo fenomeno? E se si trattasse di una pratica corrente, in quali reali condizioni di sicurezza opererebbero milioni di lavoratori italiani e stranieri?
Se questi sono i risultati dell'attività di vigilanza non sarebbe meglio che le relative funzioni venissero tolte a chi non le sa esercitare da decenni e, nell'ambito di una spending review, fossero affidate a soggetti più seri, ad esempio alle Forze dell'Ordine, direttamente? Chiudendo rami della Pubblica Amministrazione che da anni dimostrano di non servire a nulla (ovviamente salvaguardando il posto di lavoro solo per coloro che fino ad oggi vi hanno lavorato seriamente)?
E infine non sappiamo se chi di dovere in Italia riuscirà a perseguire gli eventuali responsabili nostri connazionali di questa sciagura ma se ciò avvenisse ci piacerebbe che venissero, per scontare la pena, affidati , per una volta, alle Autorità Cinesi......

AGL

martedì 3 dicembre 2013

REVISORI DI COOPERATIVE: IL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETA LA FINE DELL'UNCI E DEL FONDO MUTUALISTICO PROMOCOOP

pubblicato sulla gazzetta ufficiale n.275 del 23 nov.2013

IL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO 

  Visto l'articolo 45, comma 1, della Costituzione; 
  Visto il decreto legislativo del Capo provvisorio  dello  Stato  14
dicembre 1947, n. 1577; 
  Visto il decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale
18 luglio 1975, pubblicato  per  estratto  nella  Gazzetta 

 Ufficiale
della Repubblica italiana n. 211 dell'8 agosto  1975,  con  il  quale
l'Unione  nazionale  cooperative   italiane   (U.N.C.I.)   e'   stata
riconosciuta   quale   associazione   nazionale   di   rappresentanza
assistenza e tutela del movimento cooperativo, ai  sensi  e  per  gli
effetti degli articoli  4  e  5  del  decreto  legislativo  del  Capo
provvisorio dello Stato n. 1577 del 1947,  e  ne  e'  stato  altresi'
approvato il relativo statuto; 
  Visti gli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 30 luglio  1999,
n. 300 recante la riforma dell'organizzazione del  Governo,  a  norma
dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59,  con  i  quali  si
attribuiscono al Ministero delle attivita' produttive le funzioni  ed
i compiti gia'  di  competenza  del  Ministero  del  lavoro  e  della
previdenza sociale in materia di cooperazione; 
  Visto il decreto-legge 18  maggio  2006,  n.  181,  convertito  con
modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, ed  in  particolare
l'articolo 1,  comma  12,  il  quale  dispone  che  la  denominazione
«Ministero dello sviluppo economico» sostituisce, ad ogni  effetto  e
ovunque  presente,  la  denominazione  «Ministero   delle   attivita'
produttive»  in  relazione  alle  funzioni  gia'  conferite  a   tale
Dicastero; 
  Visto l'articolo 1 del decreto del Presidente della  Repubblica  10
febbraio 2000, n. 361,  recante  norme  per  la  semplificazione  dei
procedimenti di riconoscimento di persone  giuridiche  private  e  di
approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto; 
  Visto l'articolo 3 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220 ed
in particolare il comma 7, in  forza  del  quale  il  Ministro  delle
attivita'   produttive   puo'   revocare   il   riconoscimento   alle
Associazioni  nazionali  che  non  sono   in   grado   di   assolvere
efficacemente le proprie funzioni di vigilanza sugli enti cooperativi
associati; 
  Visto il decreto del Presidente della Repubblica 28 novembre  2008,
n. 197, recante il regolamento di organizzazione del Ministero  dello
sviluppo economico; 
  Vista la relazione del Direttore  Generale  per  le  piccole  medie
imprese e gli enti cooperativi, allegata alla nota prot. n. 121080 in
data 17 luglio 2013, con la quale  sono  state  segnalate  perduranti
problematiche   ed   inefficienze   nell'attivita'    di    vigilanza
dell'U.N.C.I. nei confronti delle cooperative  associate,  stante  il
persistere di una conflittualita' interna circa il soggetto  titolato
all'effettiva  rappresentanza  dell'associazione,  manifestata  dalla
nomina di rappresentanti legali eletti in adunanze separate,  indette
di  volta  in  volta  da  organi  oggetto   di   contestazione,   con
deliberazioni impugnate in sede giurisdizionale che hanno determinato
pronunce difformi e non definitive, rese in sede cautelare; 
  Vista la relazione dei Sindaci dell'U.N.C.I. i quali  nel  mese  di
dicembre 2010 avevano segnalato un perdurante  stato  di  immobilita'
dell'attivita' amministrativa dell'Associazione di rappresentanza,  a
seguito del conflitto insorto in seno ai relativi  organi  statutari,
il  quale  non  consentiva  un  andamento  ordinato  della   gestione
amministrativa e associativa, con  conseguente  mancata  approvazione
del bilancio consuntivo 2009 e del bilancio preventivo  2010  nonche'
delle quote associative per l'anno 2010, atti indispensabili  per  il
corretto svolgimento della vita associativa; 
  Viste  le  risultanze  dell'attivita'  di  vigilanza   svolta   dal
Ministero nei confronti  dell'Associazione  nell'anno  2011,  che  ha
confermato  irregolarita'  gestionali   consistenti   nella   mancata
approvazione di bilanci, nelle intervenute  modifiche  statutarie  in
contrasto con le indicazioni ministeriali, nelle  ricorrenti  carenze
nella redazione dei  verbali  di  revisione  da  parte  dei  revisori
incaricati dall'U.N.C.I.; 
  Viste  le  diffide  rivolte  all'U.N.C.I.  a   disporre   specifici
correttivi   nell'organizzazione   dell'attivita'   revisionale,   da
attuarsi  mediante  programmazione  e  realizzazione   di   attivita'
formativa e di aggiornamento dei revisori, in esito alle  quali  sono
pervenute   risposte   contrastanti   dai   diversi   soggetti    che
rivendicavano, contemporaneamente ed in conflitto  tra  di  loro,  la
titolarita'    della    qualita'     di     legale     rappresentante
dell'Associazione; 
  Preso atto della corrispondenza intercorsa  con  la  Prefettura  di
Roma  -  Ufficio  territoriale  del  Governo,  la  quale  attesta  il
perpetuarsi  della  situazione  di  forte  conflitto,   dovuto   alle
contrapposte richieste di iscrizione,  quale  rappresentante  legale,
nel registro  prefettizio  delle  persone  giuridiche,  da  parte  di
soggetti diversi, legittimati a seguito di successive  pronunce,  non
definitive e non univoche, rese dal  Tribunale  Civile  di  Roma.  In
particolare,  nel  solo  ultimo  anno  risulta  che  sulla  base   di
successive  assemblee  congressuali  e  di   distinti   provvedimenti
giudiziali la Prefettura di Roma  ha  proceduto  ad  iscrivere  quale
presidente legale rappresentante prima il Cav. Pasquale Amico, poi il
Sig. Cosimo Mignogna, successivamente il Cav. Pasquale  Amico  e,  da
ultimo, in data 29 settembre 2013, il Sig. Cosimo Mignogna; 
  Vista la nota del  Sindacato  FE.S.I.C.A.,  pervenuta  in  data  13
settembre 2012, con la quale si segnala  al  Ministero  l'assenza  di
certezze circa l'effettiva titolarita'  della  rappresentanza  legale
dell'U.N.C.I., ribadita con successiva nota  dello  stesso  Sindacato
del  15  marzo  2013,  con  la  quale  si  rinnova  la  richiesta  di
chiarimenti sul soggetto titolato a rappresentare  l'Associazione  in
giudizio,  nel  procedimento  di  opposizione  al  licenziamento   di
dipendenti in servizio presso la sede nazionale di U.N.C.I.; 
  Tenuto conto delle segnalazioni e richieste di chiarimenti  rivolte
al Ministero, provenienti da enti di natura pubblica e privata presso
i  quali  l'U.N.C.I.  ha  designato  propri   rappresentanti,   circa
l'effettivita'    della    carica    di     rappresentante     legale
dell'Associazione  medesima,  stanti  le  contrastanti   affermazioni
provenienti da soggetti che assumono di essere titolati; 
  Preso atto delle numerose pronunce  rese  dal  Tribunale  di  Roma,
dalle  quali  emerge  un  insanabile  conflitto  e  la  non   univoca
individuazione  del  rappresentante  legale   dell'U.N.C.I.   ed   in
particolare: 
  - ordinanza 27  aprile  2012,  la  quale  rinvia  alla  inevitabile
convocazione  dell'assemblea   degli   associati   l'adozione   delle
decisioni necessarie per risolvere le  problematiche  verificatesi  e
ripristinare un regolare sistema amministrativo; 
  - ordinanza  collegiale  19  giugno  2012  la  quale  riconosce  la
validita' della costituzione in giudizio dell'UNCI nella persona  del
rappresentante legale p.t. Pasquale Amico; 
  - ordinanza 27 luglio 2012,  giudice  dott.ssa  Buonocore,  con  la
quale e' stato ingiunto al prof. Paolo Galligioni di "immettere Amico
Pasquale,  quale  neo   nominato   presidente   dell'U.N.C.I.   nella
disponibilita' della documentazione e dei beni  di  pertinenza  della
predetta associazione e di consentire allo stesso il  libero  accesso
alla sede dell'Ente, per l'espletamento delle funzioni di pertinenza;
astenersi dal compimento di atti ed attivita' riservate, per legge  o
per statuto, al Presidente dell'U.N.C.I. o ad  altro  diverso  organo
dell'Associazione;  astenersi  dalla  spendita  della   qualita'   di
presidente dell'U.N.C.I. nei rapporti con gli associati ed i terzi"; 
  - ordinanza 16 novembre 2012, giudice dott. Scerrato, con la  quale
e'  stata  rigettata  l'istanza   di   sospensione   della   delibera
congressuale del 24  marzo  2012  che  ha  eletto  il  Cav.  Amico  a
Presidente  dell'U.N.C.I.,  confermata   con   successiva   ordinanza
collegiale del 6 febbraio 2013; 
  - ordinanza del 10 gennaio 2013, giudice dott.ssa Dell'Orfano,  che
ha dichiarato la piena regolarita' di tutti gli  atti  prodromici  al
congresso del 24 marzo 2012, riguardante l'elezione del Cav. Pasquale
Amico quale presidente e legale rappresentante dell'U.N.C.I.; 
  - sentenza n. 16217 dell'11 giugno  2013,  depositata  in  data  22
luglio 2013, con la quale il Tribunale di Roma - III Sezione  Civile,
ha accertato che lo statuto dell'U.N.C.I. da applicare e' quello  del
2000, dichiarando  altresi'  nulla  la  deliberazione  del  Consiglio
Generale U.N.C.I. del  23  giugno  2010  con  cui  venne  fissata  la
convocazione del Congresso nazionale straordinario  dell'Associazione
ed approvato il relativo  regolamento  congressuale.  Sulla  base  di
detto provvedimento giudiziale e del congresso straordinario  del  15
luglio 2013, la Prefettura di Roma ha  provveduto  ad  iscrivere  nel
registro delle persone giuridiche il  signor  Mignogna  Cosimo  quale
presidente e legale rappresentante dell'U.N.C.I.; 
  - ordinanza del Tribunale Civile  di  Roma,  Sezione  III,  giudice
dott.ssa Libri, del 29 luglio 2013 con  la  quale  e'  stata  in  via
preliminare rilevata l'infondatezza della  eccezione  di  difetto  di
legittimazione passiva dell'U.N.C.I., rappresentata dal  Cav.  Amico,
sul presupposto della spettanza a costui della carica  di  presidente
dell'U.N.C.I., a seguito dell'elezione del 24 marzo 2012; 
  Vista la comunicazione dell'avvio del procedimento di revoca di cui
alla nota prot. n. 145274 in data 6 settembre 2013; 
  Valutate  le  argomentazioni   formulate   mediante   deposito   di
documentazione prodotta nel corso  della  accordata  audizione  delle
parti controinteressate svoltasi in data 18 settembre 2013; 
  Vista la successiva nota prot. n. 161545 in data 3 ottobre 2013 con
la quale l'Amministrazione ha comunicato la  sospensione  per  trenta
giorni, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, della legge 7 agosto 1990,
n. 241 del termine finale del procedimento di revoca; 
  Preso atto altresi' che, successivamente alla comunicazione  del  3
ottobre  2013,  inerente  la  sospensione  del  termine  finale   del
procedimento di revoca, in data  18  ottobre  2013  veniva  richiesto
all'U.N.C.I.  un  aggiornamento  di  notizie  circa  l'attivita'   di
vigilanza svolta; 
  Preso  atto  che  nel  corso  del  procedimento  di  verifica   dei
presupposti per la revoca,  il  Cav.  Amico  ha  ribadito  l'avvenuta
assegnazione di 3.403 incarichi di  revisione  cooperativa  nell'anno
2013, con la conclusione di solo 296 di essi, ed il Sig. Mignogna  ha
dichiarato di aver autonomamente disposto  l'effettuazione  di  circa
1.500  revisioni  cooperative  dietro   segnalazione   degli   uffici
regionali dell'Associazione, restando dunque  acclarata  l'incertezza
sulla  individuazione  della  carica  di  presidente  e  di  soggetto
legittimato all'attribuzione degli incarichi di revisione; 
  Ritenuto che la  predetta  incertezza  sulla  individuazione  della
carica di presidente e di soggetto legittimato all'attribuzione degli
incarichi di revisione incide sul corretto svolgimento dell'attivita'
revisionale con possibili ripercussioni sugli esiti della stessa; 
  Valutate le dichiarazioni e le osservazioni che le due parti  hanno
reso negli incontri  tenuti  presso  la  Direzione  generale  per  le
piccole e medie imprese e gli enti cooperativi, attraverso  le  quali
e' stata ribadita  da  un  lato  l'impossibilita'  di  una  soluzione
stragiudiziale del perdurante conflitto, dall'altra la riproposizione
dello sdoppiamento delle strutture sociali ed  amministrative,  fatti
questi che rappresentano un evidente ostacolo alla corretta e  serena
gestione del rapporto associativo e revisionale  con  le  cooperative
aderenti; 
  Considerato che tale perdurante incertezza nella titolarita'  della
"governance"  associativa  ostacola  l'efficace   svolgimento   della
attivita' revisionale nei confronti degli enti cooperativi  associati
e le relazioni con i soggetti istituzionali che  hanno  rapporti  con
l'U.N.C.I.; 
  Preso atto che a causa della  conflittualita'  interna  sono  state
fissate due distinte sedi sociali, ubicate  in  luoghi  diversi,  con
conseguente indeterminatezza ai fini delle comunicazioni, notifiche e
rapporti istituzionali; 
  Considerato che la revoca del  riconoscimento  costituisce  l'unico
provvedimento previsto dalla legge come  adottabile  da  parte  della
Amministrazione,  in  presenza   di   presupposti   incidenti   sullo
svolgimento corretto ed efficiente della  attivita'  revisionale  nei
confronti delle societa' cooperative aderenti; 
  Ritenuto che sussistono i presupposti di fatto  e  di  diritto  per
l'adozione,  ai  sensi  dell'articolo  3,  comma   7,   del   decreto
legislativo 2 agosto 2002 n. 220, del  provvedimento  di  revoca  del
riconoscimento dell'associazione U.N.C.I.,  atteso  che  la  medesima
Associazione  non  risulta  essere  piu'  in   grado   di   assolvere
efficacemente alle  funzioni  di  vigilanza  sugli  enti  cooperativi
associati, ad essa demandate; 
  Considerato che  il  suddetto  riconoscimento  e'  intervenuto  con
decreto ministeriale 18 luglio 1975, adottato  ai  sensi  e  per  gli
effetti degli articoli  4  e  5  del  decreto  legislativo  del  Capo
provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577,  rilevando  dunque
sia ai fini della legittimazione allo svolgimento  dell'attivita'  di
vigilanza sia ai fini dell'acquisto della personalita' giuridica; 
  Considerate le sopravvenute modifiche  normative  (articolo  1  del
decreto del Presidente della Repubblica 10  febbraio  2000,  n.  361,
recante  norme   per   la   semplificazione   dei   procedimenti   di
riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione  delle
modifiche dell'atto costitutivo e dello  statuto  e  articolo  3  del
decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220) le quali circoscrivono  il
riconoscimento da parte di questo Ministero alla sola  legittimazione
allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza; 
  Considerato che il presente provvedimento di revoca incide su di un
riconoscimento, avvenuto in epoca antecedente alle suddette modifiche
normative, che  ha  rivestito  la  duplice  inscindibile  valenza  di
legittimazione allo svolgimento  dell'attivita'  di  vigilanza  e  di
acquisto della personalita' giuridica, e dunque deve valere per  ogni
effetto conseguente allo stesso riconoscimento; 
  Visto l'articolo 11, comma 1, della legge 31 gennaio 1992,  n.  59,
il quale prevede che le  associazioni  nazionali  di  rappresentanza,
assistenza e tutela del movimento cooperativo, riconosciute ai  sensi
dell'articolo 5 del citato decreto legislativo del  Capo  provvisorio
dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni,  e
quelle riconosciute in base a leggi  emanate  da  regioni  a  statuto
speciale possono costituire fondi mutualistici per la promozione e lo
sviluppo della cooperazione, i quali  possono  essere  gestiti  senza
scopo di lucro da societa'  per  azioni  o  da  associazioni  e  sono
alimentati ed incrementati ai sensi dei commi  4  e  5  del  medesimo
articolo 11; 
  Considerato che l'U.N.C.I.  ha  costituito  un  fondo  mutualistico
gestito da Fondo per la promozione e lo sviluppo della cooperazione -
Promocoop S.p.A.; 
  Ritenuto di dover disporre circa gli  aspetti  conseguenziali  alla
revoca del riconoscimento dell'U.N.C.I.; 

                               Decreta 

                               Art. 1 

  1. Ai sensi dell'articolo 3, comma 7,  del  decreto  legislativo  2
agosto 2002, n. 220, e' revocato ad ogni  effetto  il  riconoscimento
dell'Unione  nazionale   cooperative   italiane   (U.N.C.I.),   quale
associazione nazionale  di  rappresentanza  e  tutela  del  movimento
cooperativo, di cui al  decreto  del  Ministro  del  lavoro  e  della
previdenza sociale 18 luglio 1975, adottato ai sensi degli articoli 4
e 5 del decreto legislativo  del  Capo  provvisorio  dello  Stato  14
dicembre 1947, n. 1577. 

                               Art. 2 

  1. A far data dalla pubblicazione del presente decreto,  l'U.N.C.I.
non  e'  piu'  legittimato  a  ricevere  alcun  versamento   di   cui
all'articolo 8 del decreto legislativo  del  Capo  provvisorio  dello
Stato n. 1577 del  1947,  a  titolo  di  contributo  per  l'attivita'
revisionale da parte delle cooperative  e  degli  enti  mutualistici,
quali individuati ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n.
220 del 2002. 
  2.  A  far  data  dalla  suddetta  pubblicazione,  all'associazione
U.N.C.I. e' fatto  divieto  di  accettare  versamenti  relativi  alle
fattispecie di cui al comma 1, pena le responsabilita'  configurabili
alla stregua della normativa vigente. 
  3.  Con  successivo  provvedimento  saranno  stabiliti  criteri   e
modalita'  per  la  definizione  dei  rapporti  pendenti  e  per   la
individuazione delle risorse  residue,  acquisite  per  le  attivita'
revisionali, da versare al Bilancio entrata dello Stato, Capo  XVIII,
Capitolo 3592. 

Art. 3 

  1. A far data dalla pubblicazione del presente  decreto,  cessa  la
legittimazione della societa' Fondo per la promozione e  lo  sviluppo
della  cooperazione  -  Promocoop  S.p.A.,  che  gestisce  il   fondo
mutualistico costituito dall'U.N.C.I. ai sensi dell'articolo 11 della
legge 31 gennaio 1992, n. 59, ad accettare versamenti  e  devoluzioni
di cui al medesimo  articolo  11,  commi  4  e  5,  rivenienti  dalle
societa' cooperative e dagli enti mutualistici quali  individuati  ai
sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 220 del 2002. 
  2. A far data dalla suddetta pubblicazione, alla societa' Fondo per
la promozione e lo sviluppo della cooperazione - Promocoop S.p.A.  e'
fatto divieto di accettare versamenti  e  devoluzioni  relativi  alle
fattispecie di cui al comma 1, pena le responsabilita'  configurabili
alla stregua della normativa vigente. 
  3.  Con  successivo  provvedimento  saranno  stabiliti  criteri   e
modalita'  per  la  definizione  dei  rapporti  pendenti  e  per   la
individuazione delle risorse residue, acquisite per le  finalita'  di
cui al citato articolo 11,  da  versare  al  Bilancio  entrata  dello
Stato, Capo XVIII, Capitolo 3592. 
  Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana. 
  Avverso il presente provvedimento  e'  ammesso,  entro  60  giorni,
ricorso giurisdizionale dinanzi al Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio ovvero,  entro  120  giorni,  ricorso  straordinario  al
Presidente della Repubblica ai sensi del decreto del Presidente della
Repubblica n. 1199 del 1971. 
    Roma, 22 novembre 2013 

                                                Il Ministro: Zanonato

giovedì 28 novembre 2013

ALAPMI-AGL (Lavoratori Artigianato e PMI) : PER LE PICCOLE IMPRESE MENO TASSE E BUROCRAZIA MA ANCHE DIRITTI, SOLDI E PARI DIGNITA' PER I LAVORATORI. SOLO COSI' POTRANNO VERAMENTE SOPRAVVIVERE

(immagine da: www.pixabay.com)


Da www.ansa.it : “””””””””

'Pagati non per lavorare, ma per scioperare'

'Troppe tasse, vorrei assumere ma non ci riesco'

27 novembre, 17:25

SANTA MARGHERITA LIGURE (GENOVA) - Pagati non per lavorare ma per scioperare. Succede a Santa Margherita Ligure dove un impresario edile, Fabrizio Martin, ha assicurato lo stipendio della giornata ai suoi dipendenti che si è portato in piazza per protestare.
Martin è l'esponente locale di Icr (Imprese che resistono), giovane associazione di commercianti, artigiani, piccole imprese e partite Iva chiamati a raccolta oggi per una serrata nazionale di quattro ore contro le tasse troppo alte. "Vorrei assumere un dipendente in più - rivela Martin - ma non ci riesco. A me un lavoratore costa 3.800 euro al mese, in tasca al dipendente vanno 1.500 euro; 1.700 sono di tasse e 500 di cassa edile. Non è possibile andare avanti così". Aggiunge: "Vorrei una legge che mi dicesse: assumi a un costo più basso e poi se io, Stato, in cantiere trovo un lavoratore in nero tu chiudi. Oggi invece chi vuole fare le cose in regola non ce la fa. E prolifera il lavoro nero, tanto l'imprenditore al massimo prende 2.000 euro di multa e finita lì". Nel Tigullio circa 250 attività hanno aderito alla serrata.”””””””””

COMMENTO ALAPMI-AGL Lavoratori Artigianato e Piccole e Medie Imprese:

L'AGL guarda con interesse a queste nuove associazioni (ICR. CONFAPRI, ecc.) che danno voce alle imprese che stanno per morire nel nostro Paese. Condividiamo molte delle loro proposte e non escludiamo futuri contatti, confronti e iniziative comuni. Come ALLEA (lavoratori edilizia) http://allea-agl.blogspot.it da tempo ci siamo scagliati contro l'obbligo di adesione alla Cassa Edile (partita con le migliori intenzioni ma oggi, di fatto, l'ennesimo regalo della burocrazia ministeriale a carrozzoni di emanazione sindacale) e come ALP (lavoratori pubblici) http://alp-agl.blogspot.it abbiamo fatto molto di più, attraverso precise proposte , per dire chiaramente che è ingiusto che il lavoro dipendente venga tassato in quella maniera e in quelle dimensioni, suggerendo ai lavoratori del settore come rendersi protagonisti del cambiamento, riscattandosi una volta per tutte dall'immagine con cui vengono dipinti. Aggiungiamo pure un ulteriore costo, quello della piccola corruzione a beneficio di funzionari pubblici infedeli, che molte PMI sono costrette a subire. Una cosa però la vorremmo dire: così come queste nuove esperienze associative stanno mettendo l'accento su argomenti trascurati dal grande associazionismo imprenditoriale e dalle grandi imprese, dicendo cose sacrosante, dimostrino di essere innovativi anche su un altro piano , non meno importante: la necessità che si volti pagina in merito al comportamento recente, di ogni tipo di impresa o datore di lavoro, nei confronti dei diritti di ogni lavoratore. Se è vero infatti che imprenditore e lavoratore nelle micro, piccole e medie imprese sono molte volte solidali perchè vivono gomito a gomito , altrettanto frequentemente accade che questi ambiti lavorativi si trasformino in inferno per tante persone che spesso, anche sindacalmente, restano sole, senza tutele e garanzie, vittime di leggi ingiuste là dove limitano le prerogative sindacali per le aziende sotto i 15 dipendenti. Un lavoro sicuro e dignitoso non è un lusso ma è condizione affinchè qualsiasi impresa possa sopravvivere ed essere competitiva valorizzando il fattore più prezioso. Non si chieda quindi ai lavoratori, seppure anch'essi afflitti dalla crisi di rappresentanza delle loro vecchie organizzazioni sindacali, in nome della lotta per la sopravvivenza, di contribuire a costruire nuove ingiustizie né a rinunciare a far valere , tramite un sano conflitto sociale, irrinunciabile nelle democrazie e nelle economie libere, le loro legittime e più moderne istanze
Per saperne , comunque, di più:
SITO CONFAPRI http://www.confapri.it/

ALAPMI-AGL Alleanza Lavoratori Artigianato e Piccole e Medie Imprese aderente alla AGL



giovedì 14 novembre 2013

UNA PROPOSTA DEL SINDACATO DIRIGENTI DELL'AGL PER FAR FRONTE DA SUBITO ALLE NUOVE POVERTA': OGNI MESE, META' STIPENDIO DEL DIRIGENTE PUBBLICO MESSO A DISPOSIZIONE , VOLONTARIAMENTE, DEI SERVIZI SOCIALI DEL COMUNE DI RESIDENZA



E' notizia di oggi: per l'OCSE i dirigenti pubblici italiani sono i più pagati del mondo, quasi il triplo della media.
Nel frattempo diviene sempre più insopportabile i fenomeno degli anziani che non riuscendo ad arrivare alla fine del mese sono costretti a rovistare tra i rifiuti dei mercati rionali e dei supermercati per mettere insieme un misero pasto.
Come già avvenuto da parte di molti calciatori che si sono ridotti lo stipendio per senso di responsabilità in questa tremenda crisi, riteniamo che anche i dirigenti pubblici italiani, non tutti responsabili di queste assurde distorsioni retributive, debbano schierarsi dalla parte del Bene e del Prossimo, dando per primi l'esempio. L'ADIR-AGL, nel continuare ad auspicare la riforma della Pubblica Amministrazione e del sistema pensionistico, certo di non immediata realizzazione, propone per intanto a tutti i dirigenti pubblici italiani, nell'emergenza, di destinare d'ora in poi, volontariamente, ogni mese, ai Servizi Sociali del proprio Comune di residenza, metà del proprio stipendio. Sapranno sicuramente questi Uffici destinare queste prime risorse a chi veramente ne ha più urgente ed immediato bisogno. E chiediamo che il Ministero della Funzione Pubblica renda noto l'elenco di quei dirigenti che vorranno partecipare a questa iniziativa. Quanto ne sarebbe importante il successo, per ridare credibilità alla dirigenza, alla pubblica amministrazione e alla possibilità del nostro Paese di riprendersi!
ADIR-AGL
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“””””””””Ocse:dirigenti Pa Italia più pagati,quasi triplo media

solo per 28% cittadini fiducia in governo

14 novembre, 14:21
I senior manager della pubblica amministrazione centrale italiana sono i più pagati dell'area Ocse, con uno stipendio medio di 650 mila dollari, oltre 250 mila in più dei secondi classificati (i neozelandesi con 397 mila dollari) e quasi il triplo della media Ocse (232 mila dollari). Lo rileva l'Ocse, con dati aggiornati al 2011. In Francia, un dirigente dello stesso livello guadagna in media 260 mila dollari all'anno, in Germania 231 mila e in Gran Bretagna 348 mila. Negli Stati Uniti, la retribuzione media è di 275 mila dollari.
(...)”””””””””
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Se la pensione non basta la spesa si fa tra i rifiuti

Maria Sorbi - Mer, 13/11/2013 - 07:14
“””””””Arriva mentre il mercato sta per sbaraccare, attorno alle due del pomeriggio. Tanto la merce sui banchi non gli interessa, è troppo cara. Lui va in cerca degli scarti tra i cumuli di cassette di legno gettate negli angoli.
E lì trova sempre qualcosa: cespi di insalata ancora buona, resti di cavoli e carciofi, qualche finocchio malconcio ma, tutto sommato, mangiabile. Basta non fare troppo gli schizzinosi e la spesa è fatta.
Così, al mercato-bene di via Cesariano, a pochi passi dall'Arena, fa provviste un anziano, habitué della zona. Non è un barbone, né uno che vive di stenti per la strada. È semplicemente uno a cui la pensione non basta, uno che tira a campare. E allora eccolo attraversare la doppia corsia di via Melzi d'Eril con la sua busta della spesa già usata e ripiegata chissà quante volte. La porta, ancora vuota, dietro la schiena, va di buon passo sulle sue Adidas con la para, si guarda attorno e un po' dissimula l'imbarazzo per la missione settimanale tra le bancarelle. Poi si china, fruga con pazienza tra gli scarti e scova frutta e verdura.
Nel frattempo gli ambulanti smontano i loro tendoni. «Non immagina quanta gente così c'è» commenta una venditrice mentre ritira le cassette di cachi ancora intonsi snobbati dalle sciure del quartiere. A sentire i fruttivendoli dietro alle bilance, sono parecchie le persone che vanno a fare la spesa tra i cumuli di rifiuti del mercato. Quelli dove nemmeno i cani chic dell'isolato si fermano a nasare qualcosa da addentare. Andrea e suo padre, che da una vita hanno un banco di primizie in via Cesariano, per risparmiare a tanta povera gente l'umiliazione di chinarsi a cercare qualche foglia di insalata di scarto, alla fine della giornata preparano un po' di sacchettini di verdura di seconda scelta o rimasta invenduta e li regalano a chi non può. «Guardi che anche le signore di un certo livello hanno dimezzato la spesa, mica soli i poveretti» commentano gli ambulanti. Insomma, prima le famiglie mandavano le colf a riempire sacchi di frutta esotica e verdure selezionatissime, ora hanno ridotto quantità e qualità.
«Lavoro in questo mercato da oltre dieci anni - conferma all'angolo un venditore mentre sistema i sacchi di noci - e devo ammettere che è un disastro. Non solo nell'ultimo anno le vendite sono calate ma ci sono sempre più persone, soprattutto anziani, che ci chiedono roba ammaccata pur di pagare meno. O che vanno a cercare tra le cassette da gettare via».
Questo accade in un mercato del centro. Ma le stesse scene si vedono ovunque: a Papiniano e, motivo in più, nei mercati di periferia. Idem all'Ortomercato il sabato mattina. A darcene conferma è Ketty Capra, in rappresentanza degli ortofrutticoli. «Ormai tra gli scarti non frugano più solo stranieri e barboni - racconta - ma anche persone che non diresti mai e tanti anziani. Spesso le famiglie, soprattutto alla fine del mese, ci chiedono se avanziamo qualcosa o se abbiamo roba di scarsa qualità per risparmiare un po'». La seconda scelta insomma è diventata merce preziosa. Tanto che anche gli ambulanti che vanno a rifornirsi in via Lombroso la comprano in quantità molto maggiori rispetto al passato. È una regola del mercato: l'offerta segue la crescita della domanda. “””””””””

venerdì 8 novembre 2013

ALCOM-AGL: SOLIDARIETA' AI GIORNALISTI DELLA GAZZETTA DELLO SPORT IN SCIOPERO. MA PERCHE' NON SI SONO UNITI QUELLI DEL CORRIERE DELLA SERA?

Da www.gazzetta.it

La Gazzetta sciopera per due giorni
I motivi della scelta dei giornalisti

Milano, 06 novembre 2013

La Rcs decide di svendere la sede storica di via Solferino, ennesima operazione discutibile. Lo scandalo Recoletos e le altre mosse finanziarie che stanno portando al disfacimento una importante azienda editoriale

Lo stabile di via Solferino: sede di Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport. Ansa
Lo stabile di via Solferino: sede di Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport. Ansa
"""""""""Domani e venerdì la Gazzetta dello Sport non sarà in edicola e il suo sito dalla mezzanotte di mercoledì non verrà aggiornato. La redazione ha deciso di scioperare di fronte all'ennesimo episodio di mala gestione da parte della proprietà e del management dell'azienda. Ci voleva il ritorno della Fiat come azionista di maggioranza del gruppo Rcs per assistere allo scempio della "svendita" del palazzo storico di via Solferino e di quello di via San Marco a Milano, deliberata mercoledì dal consiglio di amministrazione e comunicata in tardissima ora sperando non facesse troppo rumore.
Un'operazione da 120 milioni di euro, a fronte di una ristrutturazione recente costata 80 milioni e un affitto da versare agli acquirenti che rende alla fine la plusvalenza quasi nulla. Soci e manager continuano così nell'opera di disfacimento di un'importante azienda editoriale dismettendo anche l'ultimo bene immobile in suo possesso, garanzia quantomeno delle liquidazioni dei lavoratori. Con una mano gli azionisti - dopo decenni di dividendi incassati - deliberano l'aumento di capitale (reso necessario solo dai loro pasticci) mentre con l'altra si rimettono in tasca qualcosa. Intanto abbattono senza sosta i costi che non dovrebbero toccare, iniziando dai posti di lavoro (370 persone in cassa integrazione, anticamera del licenziamento, nel settore Periodici e robusti esuberi tra i Quotidiani) per arrivare alle pagine di giornale. Ricette trite, perdenti e di brevissimo respiro.
Errori che partono da lontano ma hanno nomi e cognomi. Dagli Anni 90, quando la stessa Fiat rifila a Rcs la Fabbri decotta facendosela pagare ampiamente (risultato: zavorra di debiti e svariati posti di lavoro in fumo). Per arrivare alla fallimentare operazione spagnola per l'acquisto di Recoletos nel 2007, che definire torbida è poco. Vittorio Colao, ultimo manager indipendente di questa azienda, boccia l'acquisto. E allora cosa fanno gli azionisti? Via Colao e dentro Antonello Perricone, "suggerito" da Luca di Montezemolo. Immediato semaforo verde per la frittata spagnola, con un'azienda già in crisi strapagata 1.100 milioni di euro. Dopo di che, al termine di un lustro di vuoto pneumatico in termini di idee e investimenti, Perricone saluta portandosi via una lautissima e clamorosamente immeritata buonuscita da 3,4 milioni di euro. Dove finisce? A fare l'amministratore delegato di Italo, il treno di Montezemolo e Della Valle...
Subentra un nuovo management che, ovviamente, taglia con la scure e mette insieme un piano triennale che annuncia investimenti multimediali e obiettivi quantomeno ambiziosi. Un anno è già passato e di investimenti non s'è vista nemmeno l'ombra. Si sono invece viste solo mosse finanziarie, parecchio discutibili. Che tristezza. Pensavamo che qui si facessero giornali, non operazioni di acrobazia economica o giochetti per contare nelle stanze del potere. E vi raccomandiamo le banche. Prontissime a finanziare Tronchetti Provera (amico azionista, naturalmente) per riprendersi il controllo della Pirelli con soldi non suoi, ma incapaci di dare fiato al primo gruppo editoriale italiano, salvaguardando la sua indipendenza e garantendo il suo sviluppo.
Infine una riflessione anche per il sindaco Pisapia, che non ha speso una parola sulla vicenda. Come se un privato comprasse la Scala e il primo cittadino di Milano se ne stesse zitto e lontano. Quando tra qualche anno in sala Albertini ci faranno feste in stile Billionaire magari verrà invitato anche lui. Dovrebbe, insieme a tutti gli altri, provare a pensare a quando i giornalisti, seppur pesantemente sollecitati, non se ne andarono da questo edificio in tempo di Guerra. E a quando, durante la Resistenza, tra le rotative si nascondevano le armi per combattere fascisti e nazisti. Forse qualcuno riuscirà a capire perché mettere la storia in mano a un fondo speculativo immobiliare americano è una vergogna.
Il comitato di redazione della Gazzetta dello Sport"""""""""

ALP-AGL: LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE INIZIERA' A CAMBIARE QUANDO ANCHE I SINDACALISTI AVRANNO IL CORAGGIO DI PAPA FRANCESCO NELL'AMMONIRE IMPIEGATI E DIRIGENTI CORROTTI O TENTATI DAL DIVENTARLO

Da www.ansa.it

Papa: basta 'dea tangente', corruzione toglie la dignità

''Chi la pratica dà ai figli pane sporco''

08 novembre, 12:39
 
CITTA' DEL VATICANO - Chi "pratica le tangenti" ha "perso la dignità" e dà ai figli "pane sporco". Papa Francesco ha dedicato la sua omelia a Santa Marta a un lungo appello contro i guadagni da "corruzione", la cui abitudine "dà dipendenza", pregando infine "perché il Signore cambi il cuore di questi devoti della dea tangente".
Il Papa, nell'omelia, ha pregato per i tanti giovani che ricevono dai genitori "pane sporco", guadagno frutto di tangenti e corruzione, e hanno fame di dignità perché il lavoro disonesto toglie la dignità. La parabola dell'amministratore disonesto, riferisce la Radio Vaticana, ha dato lo spunto al Papa per parlare "dello spirito del mondo, della mondanità", di "come agisce questa mondanità e quanto pericolosa sia". Gesù "pregava il Padre perché i suoi discepoli non cadessero nella mondanità". "E' il nemico": "Quando noi pensiamo ai nostri nemici, davvero pensiamo prima al demonio, perché è proprio quello che ci fa male. L'atmosfera, lo stile di vita piace tanto al demonio, è questa mondanità: vivere secondo i valori - fra virgolette - del mondo. E questo amministratore è un esempio di mondanità". "Qualcuno di voi potrà dire - ha proseguito -: 'Ma, questo uomo ha fatto quello che fanno tutti!'. Ma tutti, no! Alcuni amministratori, amministratori di aziende, amministratori pubblici; alcuni amministratori del governo... Forse non sono tanti. Ma è un po' quell'atteggiamento della strada più breve, più comoda per guadagnarsi la vita". Nella parabola, il padrone loda l'amministratore disonesto per la sua furbizia: "Eh sì, questa è una lode alla tangente! E l'abitudine della tangente è un'abitudine mondana e fortemente peccatrice. E' un'abitudine che non viene da Dio: Dio ci ha comandato di portare il pane a casa col nostro lavoro onesto! E quest'uomo, amministratore, lo portava, ma come? Dava da mangiare ai suoi figli pane sporco! E i suoi figli, forse educati in collegi costosi, forse cresciuti in ambienti colti, avevano ricevuto dal loro papà, come pasto, sporcizia, perché il loro papà, portando pane sporco a casa, aveva perso la dignità! E questo è un peccato grave! Perché si incomincia forse con una piccola bustarella, ma è come la droga, eh!".
Dunque - ha affermato il Papa - l'abitudine alle tangenti diventa una dipendenza. Ma se c'è una "furbizia mondana" - ha proseguito papa Francesco - c'è anche una "furbizia cristiana, di fare le cose un po' svelte... non con lo spirito del mondo", ma onestamente. E' ciò che dice Gesù quando invita ad essere astuti come i serpenti e semplici come colombe: mettere insieme queste due dimensioni - ha sottolineato - "è una grazia dello Spirito Santo", un dono che dobbiamo chiedere. Infine, ha concluso con una preghiera: "Forse oggi ci farà bene a tutti noi pregare per tanti bambini e ragazzi che ricevono dai loro genitori pane sporco: anche questi sono affamati, sono affamati di dignità! Pregare perché il Signore cambi il cuore di questi devoti della dea tangente e se ne accorgano che la dignità viene dal lavoro degno, dal lavoro onesto, dal lavoro di ogni giorno e non da queste strade più facili che alla fine ti tolgono tutto". "E poi finirei - ha aggiunto - come quell'altro del Vangelo che aveva tanti granai, tanti silos ripieni e non sapeva che farne: 'Questa notte dovrai morire', ha detto il Signore. Questa povera gente che ha perso la dignità nella pratica delle tangenti soltanto porta con sé non il denaro che ha guadagnato, ma la mancanza di dignità! Preghiamo per loro!".

mercoledì 23 ottobre 2013

NUOVO SISTEMA DI RECLUTAMENTO DELLA DIRIGENZA PUBBLICA: SONO SOLO FATTI LORO?

L'ITALIA, PER CAMBIARE VERAMENTE, AVREBBE BISOGNO DI DIRIGENTI PUBBLICI ANCHE NON LAUREATI DI CUI AL DI LA' DEL TITOLO DI STUDIO “ITALIANO” CONSEGUITO SIA ACCERTATA L'EFFETTIVA CAPACITA', ASSUNTI A TEMPO DETERMINATO (TUTTI!) IN COERENZA CON L'APPLICAZIONE DELLO SPOILS SYSTEM, NON PIU' SELEZIONATI CON CONCORSI “ITALIANI”.
SE DOBBIAMO, PER OTTENERE CIO', CAMBIARE LA COSTITUZIONE, FACCIAMOLO E PRESTO!

La attuale dirigenza pubblica non viene da Marte. E' quello che è oggi in base a una precisa storia nella quale meritocrazia e selettività raramente sono stati applicati.

Tanto è vero che, data l'inapplicabilità di tale sistema, funzionante solo in teoria, la macchina statale, per andare avanti ha dovuto adattarsi per trovare in fretta gente capace (precaria, assunta a tempo o proveniente dall'esterno della PA) di evitare che i dirigenti griffati (quelli con la parentela o la parrocchia politica giusta) mandassero del tutto a fondo lo Stato.

PER FORTUNA CHE LA DIRIGENZAE' PRECARIA, ALTRIMENTI L'ITALIA SAREBBE OGGI DEL TUTTO SUCCUBE DI UNA DITTATURA BUROCRATICA.
LA CLASSE POLITICA, ELETTA DAI CITTADINI (AL CONTRARIO DI QUELLO CHE E' SEMPRE STATO PER I DIRIGENTI) E' QUELLACHE DEVE SAPER SCEGLIERE UNA DIRIGENZA FUNZIONALE A REALIZZARE LA VOLONTA' DELL'ELETTORATO IN UN TEMPO DETERMINATO E CONTROLLABILE E NON A COSTRUIRE PER SE', CON I SOLDI PUBBLICI, VILLE, CASTELLI O FEUDI ETERNI, COME ACCADE OGGI.

E' LA POLITICA, ALTRIMENTI A RISCHIARE DI DIVENTARE SERVA DI UNA DIRIGENZA IRRESPONSABILE E ONNIPOTENTE, DELLE SUE INDEBITE PRESSIONI, ACCOMPAGNANDOCI VERSO UN FUTURO ILLIBERALE E ANTIDEMOCRATICO.

Abbiamo bisogno di una Pubblica Amministrazione che venga azzerata e ri-proggettata daccapo, con dirigenti non stabili ma sempre sotto esame (come gli allenatori di calcio) perchè solo così i risultati possono essere raggiunti. A tempo comunque determinato , applicando lo Spoils System, eliminando il valore legale del titolo di studio, di cui siano accertati preventivamente le reali capacità e conoscenze in maniera diversa dagli attuali concorsi che hanno prodotto il disastro che conosciamo, dipendenti dalla volontà popolare, premiati in caso stronchino comportamenti illegali al di sopra o al di sotto di loro.

Ci dispiace per i governi presenti e passati ma i più recenti provvedimenti di legge in materia sono o inutili o dannosi. Non serve né demonizzarli né prostrarsi innanzi ad essi (come sta accadendo da parte delle altre organizzazioni della dirigenza).

Nessun governo può mettere le mani nella questione per il semplice fatto che le stesse rischiano di essere tagliate da una burocrazia sempre più potente e indisturbata.

La stessa nostra concorrenza sindacale sta facendo una patetica figura, cercando di assecondare, in maniera miope, o i vecchi dinosauri infastiditi o i giovani rampanti che attraverso gli incarichi precari hanno cominciato ad annusare l'arrosto o quelli che si illudono da una vita di diventare un giorno dirigenti e si domandano “perchè noi ancora no?”.

Da anni si dice che il segreto per avere una pubblica amministrazione più efficiente sia quello di assumere i migliori, offrendo loro stipendi più alti o la garanzia dell'inamovibilità.

Risultato è stato: promozione in blocco, a metà degli anni Novanta, della vecchia classe dirigente burocratica reclutata sappiamo come, pensioni d'oro scandalose, afflusso dall'esterno di mediocri incapaci di sostenere la concorrenza del settore privato che una volta entrati puntano i piedi e non vogliono più uscire perchè sanno che dal di fuori nessuno li vorrebbe più.

Basta con le stabilizzazioni dei raccomandati, basta con le pagelle artefatte, basta con le riserve dei posti, basta con i falsi concorsi.

E' necessario che i dirigenti e gli aspiranti tali queste cose le capiscano e presto e si muovano per cambiare nella direzione da noi proposta, altrimenti la cittadinanza e l'elettorato potrebbero stancarsi e pensare che non sia poi così necessario che la Pubblica Amministrazione abbia dei “dirigenti” che costano così tanto e producono tutti questi guai.
E allora si che rischieremmo di buttare via l'acqua sporca col bambino dentro!


ADIR-AGL
Alleanza Manager, Professionisti, Alte Professionalità, Quadri, Dirigenti Pubblici e Privati aderente all'AGL


domenica 8 settembre 2013

PER NOI DELL'AGL..........LA CONTRATTAZIONE PUBBLICA......... E' UNA CAGATA PAZZESCA!!!!!

Il governo Enrico Letta I non sembra, ormai tutti ne sono convinti, aver apportato vere novità nell'approccio che da decenni, ormai, le classi dominanti hanno di fronte alla questione del Pubblico Impiego. Questo Esecutivo, in pratica, non ha realizzato finora quasi nulla e il fatto che solo nell' affrontare le emergenze della Pubblica Amministrazione abbia trovato modo di mettere le mani in qualcosa di concreto è l'ennesima dimostrazione, se ce ne fosse stato ancora bisogno, di come tra Centro Sinistra e Centro Destra vi sia accordo solo su un fatto: la PA così come è, deve essere soppressa, lentamente e dolcemente, così come si fa per dei cani che invecchiano inesorabilmente e che ci hanno accompagnato per anni, standosene lì, in un cantuccio, buoni buoni e consumando poco o niente.
Gli stessi Sindacati del Pubblico Impiego, tutti, grandi e piccoli, vecchi e giovani, rappresentativi o meno, sembrano ormai solo patetiche vittime di un destino inesorabile. Costretti a dire qualcosa, a giustificare le trattenute mensili di adesione, ad urlare qua e là, ogni tanto, contro lo scandalo di turno, non sanno neppure loro come giustificare la loro esistenza, che posto trovare nel vecchio presepe, a quale direttore generale portare i loro (nostri) doni.
E , “diciamolo” (come direbbe Ignazio) neanche i semplici dipendenti, più o meno stabili, se la passano meglio, dal punto di vista umorale (anche perchè da quello economico e materiale ormai hanno fatto l'abitudine a una vita di ascesi e preghiera). Continuano a ringraziare e a baciare per terra per avere da così tanto tempo un posto “sicuro” (ovviamente tutti giurano e spergiurano di aver affrontato, in ogni epoca, un durissimo e selettivo concorso, di non aver mai avuto raccomandazioni) , guardano alla Grecia e dicono che no, da noi, simili cose agli statali non potranno mai accadere perchè noi siamo una grande nazione, continuano in maggioranza ad aderire ai grandi sindacati (anche perchè quelli piccoli, che non hanno mai sfondato, o sono fotocopie degli stessi o vivacchiano in vicinanza del limbo del cinque per cento – attenti a non sbilanciarsi perchè la cosa potrebbe costar cara alle successive elezioni rsu – o sono falsamente conflittuali, pronti, se capita l'occasione, nel Pubblico, a vendere di tutto e di più di sé stessi) e, ovviamente hanno votato in massa (e continueranno a farlo) proprio per il Centro Destra e Centro Sinistra a cui da anni danno tutto senza mai aver ricevuto nulla se non la promessa (come le vacche sacre in India) che qualunque cosa accada il posto verrà salvaguardato anche a costo di dover ridursi a brucare solo l'erbetta, qua o là.
Si sentono lamenti sul fatto che sia stata usata l'estate per questa nuova operazione sul Pubblico Impiego ma anche qui siamo all'ipocrisia. La conflittualità vera, in questo settore, per i motivi di cui sopra, è inesistente e ciò che avviene ce lo possiamo aspettare in ogni stagione. I grandi sindacati, tutti politicamente rappresentati, anche da loro ex colleghi, in questo governo, non faranno mai sciopero generale né lo minacceranno. Ce ne è alle viste uno, ad ottobre, dei sindacati alternativi ma, come di consueto è e sarà solo un segnale di debolezza e impotenza, addirittura controproducente per i lavoratori (per le loro tasche) e velleitario poiché, ormai è scientificamente dimostrato, il dipendente pubblico italiano, finchè non sarà sul lastrico, mai e poi mai trarrà conseguenze politiche dalle proprie lotte (e disavventure) sindacali. Pensiamo all'esempio più recente, quello degli esodati, organizzati e fatti sfilare dal sindacato di riferimento del partito che più di ogni altro ha voluto il governo che li ha condannati. Quindi cornuti e mazziati a ciclo continuo e perpetuo, per di più contenti di esserlo (ciò accade quando il partito diventa una religione: muori contento e riconoscente del tuo destino di cui sei stato l'artefice).
L'ennesimo blocco degli stipendi quindi, conseguente al blocco dei contratti. Intendiamoci: dal punto di vista emotivo una persona che vive nel mondo del lavoro e il cui lavoro è difendere i diritti dei lavoratori non può, in prima battuta, non commuoversi e indignarsi per questo abuso continuato cui sono sottoposti da anni i lavoratori pubblici italiani. Ma, in seconda battuta, si capisce, a naso, che c'è qualcosa che non va in questa ribellione che, proprio perchè di lunga data, ormai assomiglia più a un rito che ad altro.
Il blocco degli stipendi, si dice. Un argomento polemico spesso usato da chi giustifica i tagli alla P.A. È che le statistiche dimostrano che, ohibò, negli ultimi anni gli stipendi pubblici sono invece aumentati e, dicono costoro, per di più in maniera insopportabile nei confronti del settore privato.La risposta (ritualmente) è ovvia e semplice. Si fa la media del pollo di Trilussa, non possono essere calcolati assieme gli stipendioni dei dirigenti e gli stipendiucci degli impiegati, non si tiene conto della concomitante crescita del precariato e delle consulenze spesso inutili (in presenza di competenze interne inutilizzate) e, molte volte, elargite agli amici degli amici. Il problema è che questa stucchevole contesa avviene, forse qualcuno se ne dimentica, sul campo di uno stadio in cui, sugli spalti vi è la gran massa dei lavoratori privati e degli imprenditori,dei pensionati privati e dei disoccupati che il posto pubblico lo hanno sentito raccontato solo nelle favole e, al netto di certe reminiscenze, soprattutto da parte della popolazione non esattamente legata agli scambi politico-elettorali che avvengono a Roma. Per cui occorrerebbe rendersi conto che certe polemiche, alla lunga, stancano, riguardando comunque una minoranza che pur vivendo su un altro pianeta condiziona pesantemente l'esistenza di tutti noi.E forse questa è una delle ragioni della scarsa sensibilità dell'opinione pubblica nei confronti delle problematiche di questa parte del mondo del lavoro , attenzione che invece si ridesta quando il cittadino e l'impresa hanno a che fare con la burocrazia. Poi accade che questi votino e mandino al governo i nemici acritici e grossolani di tutto ciò che è apparato pubblico. I quali senz'altro sono poi i soggetti meno adatti a concepire serie e costruttive riforme della pubblica amministrazione. Capito ora perchè chi scrive da anni insiste nell'invitare i lavoratori pubblici ad occuparsi prima della burocrazia e poi, resisi presentabili, anche delle giuste retribuzioni?Certo, una questione di equità stipendiale esiste nella Pubblica Amministrazione e fa parte dell'annoso problema dei bassi stipendi nel mondo del lavoro dipendente italiano rispetto all'Europa. Tema scomodo, fra l'altro. Come farebbero infatti i Sindacati che campano sulla strumentalizzazione dei precari ad ammettere che esiste una parte di precariato per scelta, da parte di quei soggetti che, grazie al fatto di non aver portato i propri cervelli all'ammasso, si sono fatti due conti e hanno capito, per il momento, che passare a un lavoro dipendente non dirigenziale significherebbe iniziare a fare veramente la fame?E, per continuare ad essere impertinenti, come farebbero i Sindacati e i partiti che da anni ci dicono che i dipendenti sono gli unici a pagare tutte le tasse ad ammettere che a conti fatti non può essere materialmente possibile che uno possa davvero mantenere una famiglia con uno stipendio del genere e che quindi è costretto al lavoro nero, quindi a evadere imposte e contributi in combutta col proprio datore di lavoro nascosto (privato)? Perchè costoro non guardano in faccia alla realtà, perchè non propongono, come noi facciamo da tempo, che i lavoratori pubblici possano essere liberati dalle trattenute, eliminando la figura del sostituto d'imposta, che sia consentito loro di poter fare, alla luce del sole, un secondo e un terzo lavoro, senza proibizioni e conseguenze disciplinari o sanzionatori. Perchè non è consentito dal modello costituzionale di Pubblico Impiego? Andiamo. Perfino la Chiesa sta ridiscutendo il celibato per i preti, figuriamoci se in Italia non potrebbe essere possibile modificare le leggi nel senso di dare la possibilità a chi ha voglia di lavorare di farlo nella legalità. Ma, purtroppo, la questione delle retribuzioni insufficienti nel pubblico non finisce qui. C'è troppa corruzione in Italia e non riguarda solo comportamenti dall'Alto. Riflettiamo una buona volta sul perchè gran parte degli uffici che si occupino di controlli, vigilanza e ispezioni in Italia abbiamo così tanti “problemi” a dispiegare le proprie potenzialità. Si, è vero, perchè il potere politico non vuole perdere voti e non ci va con la mano pesante. Si, è vero, perchè avere uffici efficienti richiede risorse e in tempi di spending review queste vengono tolte, con ovvi riflessi. Ma la realtà è anche un'altra: i bassi stipendi sono una tentazione a compiere atti illeciti e quando questi comportamenti sono diffusi si crea un sistema che fa comodo a molti e che spinge tanti a non essere poi così incisivi a richiedere aumenti adeguati, evidentemente perchè certe risorse sono reperibili altrove.E, come noto, molte volte il malaffare e l'economia malata è molto più efficiente degli apparati che si comportano con pulizia ed onestà.Capito ora perchè noi, a differenza degli altri, da tempo sosteniamo che per il dipendente pubblico onesto il nemico da combattere è quello che potrebbe essergli a fianco o albergare nella stanza del direttore? Perchè sosteniamo che la pulizia può venire solo dall'interno perchè solo da lì è possibile accorgersi di cose invisibili dall'esterno, anche da parte di soggetti attrezzatissimi, come la Magistratura e le forze dell'ordine? E che questo sia l'unico modo per arrivare al risultato (retribuzioni dignitose) perchè altrimenti non si è credibili nei confronti dell'opinione pubblica, quella che vota, quella che fa vincere partiti che ancora potrebbero essere conquistati a un'idea di riforma della Pubblica Amministrazione?
Chi ha buona memoria rammenta che l'ultimo vero adeguamento degli stipendi pubblici avvenne di iniziativa dell'ex Ministro Cirino Pomicino, e non per spinta sindacale ma per logiche politiche.Potrebbe essere una scorciatoia interessante ma non più praticabile non tanto perchè l'Italia non è più quella di allora ma, paradossalmente (e drammaticamente) perchè i Sindacati sono ANCORA quelli di allora e incapaci, di conseguenza, di agire in un nuovo contesto e nuove logiche, per i nostri interessi.
E non a caso ciò comporta l'impossibilità da parte loro di sfatare un altro tragico mito la cui presenza blocca in un certo senso l'evoluzione del Lavoro Pubblico e degli addetti che ci sono dentro: la CONTRATTAZIONE.
Cari signori: la contrattazione (nel pubblico) è una cagata pazzesca! Provate a ripeterlo con noi dell'AGL e forse, con un po' di esercizio, potremo iniziare a svegliarci da questa ipnosi collettiva che dura dagli anni ottanta. Non che il risveglio di per sé risolva il problema. Eliminarla è un'impresa immane. Su di essa campano da decenni i Sindacati, le Burocrazie ministeriali, i manager di stato, i monopoli che grazie ad essa hanno cambiato faccia e si sono appropriati del meglio delle aziende pubbliche, con le false privatizzazioni e liberalizzazioni.Addirittura, per celebrarla, da anni è stata concepita una finta dialettica democratica interna, articolata sulle RSU, appetite dagli stessi sindacati per la gran quantità di privilegi che possono garantire (permessi, distacchi, inciuci con i direttori periferici e centrali). Perfino i sindacati conflittuali le venerano , quasi fossero delle istituzioni nate dalla Resistenza e non invece una maniera per ammettere al banchetto dei soldi pubblici sindacalisti fedeli e ruffiani che godono nell'ottenere vantaggi a scapito dei loro colleghi per decenni, entrando come capi classe che segnano sulla lavagna buoni e cattivi e andandosene in pensione, alla fine, col grado di maggiordomi del dinosauro di turno. Una volta con la carriera sindacale si poteva diventare dirigente. Adesso manco quello, perchè sembra drammaticamente crollato, tra i candidati, il livello di alfabetizzazione.
Ma come è possibile contrattare le retribuzioni (e non il nulla, come si usa fare da un po') quando le stesse sono stabilite da una legge dello Stato?E c'è, nel rapporto di lavoro, qualcosa di più importante della prestazione e della corrispondente retribuzione?Se il pubblico deve rimanere tale allora prendiamo atto che la contrattazione (e le piattaforme contrattuali, con o senza richieste di aumenti retributivi) non serve a nulla e è, nella peggiore delle ipotesi, una presa in giro e un imbroglio. Anzi, lo strumento per introdurre,come una flebo, nelle viscere della pubblica amministrazione, delle immonde schifezze che esistono solo in Italia e di cui ci si dovrebbe vergognare. Altra cosa è se si pensa a un altro modello di “pubblico”. C'è ad esempio, in questi giorni, chi ipotizza che anche per i Ministeri possa avviarsi un processo di privatizzazione analogo a quello che interessò le Poste. Ma c'è chi dice che occorra ritornare a un Pubblico senza contrattazione. Cosa che poi è avvenuta per le Amministrazioni “importanti” in Italia , mai toccate, in realtà , dal passaggio dal diritto pubblico a quello privato. Retribuzioni per decreto, quindi, o per contratto “recepito” da un atto politico? Parliamone . Ma...sorpresa: stranamente, avete sentito se in giro esiste qualche sindacato che su questo voglia coinvolgere i lavoratori? Qualche sindacato ha mai protestato relativamente alla differenza di trattamento ricevuta da Amministrazioni diverse, in passato, riguardo al processo di privatizzazione del rapporto di lavoro? No. Perchè?Ovvio. L'amministrazione che rimane pubblica ha un trattamento migliore, il sindacato interno la considera una vittoria da non sbandierare però, perchè , è risaputo, nella PA se godi di qualche privilegio è meglio non farlo sapere poiché a qualcuno potrebbe venir voglia di togliertelo.Ma qualcosa non quadra: le confederazioni cosa ci stanno a fare? Non erano nate per scongiurare i corporativismi, per unire i lavoratori per il progresso di tutta la classe degli sfruttati?Eppure ognuna di esse ha un responsabile per ogni comparto e singola amministrazione.E' evidente che se anche qualche dirigente sindacale inquadrato volesse sollevare, al loro interno, il problema rischierebbe di avere problemi: perdere il distacco, dover tornare alla “produzione”, essere sostituito dal primo che è in fila magari più propenso a farsi gli affari suoi, a non sollevare problemi la cui trattazione è inopportuna.Ma c'è un altro problema. Gran parte dei partiti al governo hanno appaltato ai loro sindacati di riferimento la trattazione di queste questioni. Il parlamentare spesso non capisce nulla di questi problemi e in carenza di input è improbabile che si attivi. Capito ora perchè quando si deve intervenire, per motivi di bilancio, sulla PA, si parla solo di tagli e non di riforme organiche? E i tagli chi li subisce, l'apparato sindacale o il singolo dipendente? Capito ora perchè è interesse vitale del pubblico dipendente italiano se vuole avere un futuro mollare questi sindacati, chiudere il rubinetto, affamare loro così come loro stanno affamando voi?Come AGL lo diciamo dalla nostra nascita e non ci stancheremo di farlo.
Quella del destino dei precari è una commedia che ormai dura da troppe puntate. Come noto i precari servono a questa PA perchè costano di meno rispetto all'assunzione di personale di ruolo. Chi in questi anni (Letta da ultimo ma prima ci aveva provato la Fornero) ha mostrato interesse per le tesi di chi pretendeva l'innalzamento di una barriera anti precariato e ci ha provato, lo ha fatto non per convinzione ma per seguire una moda. Tanto che, come giustamente qualcuno ha detto , spiegandolo bene anche dal punto di vista tecnico, si tratta di “finte” assunzioni.Tutti sanno che il precariato nel mondo del lavoro aumenterà perchè è una esigenza dell'economia (alternative praticabili non esistono e tentativi diversi hanno fallito).
Noi dell'AGL abbiamo deciso di esistere perchè c'è l'esigenza che in Italia qualcuno, anche sul precariato, dica parole di verità e la smetta di prendere in giro i lavoratori (precari e non) e i cittadini. Ripetiamo parola per parola e confermiamo quanto dicemmo già dai tempi della Fornero. C'è una cosa, per noi, da non fare: attribuire valore al lavoro stabile e disvalore al lavoro non stabile. Abbiamo già detto più volte che vanno considerate con il massimo rispetto le esigenze di chi ha o ha avuto il posto fisso e si aspetta di mantenerlo fino ad una pensione che sia più dignitosa di adesso così come di coloro che sono in debito con la società (pensiamo ai precari della scuola) per aver fatto parte, loro malgrado, di una umanità sfortunata in cui sono stati illusi da un miraggio, quello appunto, del posto fisso. Queste fasce di popolazione non vanno punite ma accompagnate verso un miglioramento, graduale , della loro condizione. Sarà difficile (sappiamo quale peso abbia il debito pubblico) ma va fatto innanzitutto per un principio di dignità. Ma arriverà il momento (e su questo dobbiamo deciderci a voltare pagina) che nella società italiana non esistano più i termini “posto fisso” e “lavoro precario” così come oggi intesi. Quella è la direzione verso cui andare, certo, gradualmente. Un lavoratore quindi che abbia sempre una fonte di reddito anche nei periodi di passaggio, la possibilità di cambiare serenamente il lavoro più volte nella sua vita, di fare carriera, di formarsi, di migliorare. Sia nel pubblico che nel privato. E questo, in un prossimo futuro dovrà valere per tutti. Perchè l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, non sul posto di lavoro. Parimenti non dovrà esistere più di fatto il concetto di precario sinonimo di ricattato, malpagato e sfruttato e senza prospettive di serena esistenza. Su questa, che è innanzitutto una battaglia culturale, constatiamo che nessuno è impegnato seriamente. Male, poiché significa che si stanno difendendo rendite di posizione o si sta sfruttando la disperazione delle fasce più marginali del mondo del lavoro. Di solito per guadagnarci sopra e per fini elettorali.
Ripetiamo fino alla noia che di questi tempi occorre essere onesti intellettualmente e rispondere alla domanda: vogliamo fare qualcosa che comporti più spesa pubblica? Dove troviamo i soldi?Per noi vanno reperiti, subito, non con nuove tasse ma con risparmi di spesa proprio nella pubblica amministrazione, salvaguardando tutti gli attuali posti di lavoro e dismettendo pezzi di pubblica amministrazione inutili, ridefinendo le funzioni e attuando una veloce mobilità interna del personale da amministrazione a amministrazione. Proposte più specifiche? Ascoltiamo proprio SU QUESTO e non su improbabili piattaforme contrattuali (con o senza soldi) i dipendenti pubblici , senza la mediazione di sindacati o dirigenti (che potrebbero avere interesse all'autoconservazione) ma, ad esempio, online, in pochi giorni. Non preoccupatevi: chi ci lavora dentro sa come riformare davvero la Pubblica Amministrazione. Perchè i Sindacati non accetteranno mai questa consultazione? Sicuramente ci siete arrivati da soli! Basta con la demagogia pelosa, con le battaglie contro i mulini a vento , come l'evasione fiscale che nessuno di coloro che è al potere vuole veramente combattere poiché significherebbe combattere (ivi compresi i maggiori sindacati)contro sé stessi. Cerchiamo invece di riorganizzare il Fisco in maniera moderna e non bizantina, in modo realistico, semplice e non demenziale e un risultato alla fine l'otterremo. Basta poi con l'invidia sociale che sta riaffiorando con questa polemica sull'IMU.
Noi eravamo (e continueremo a essere) per l'eliminazione per tutti della stessa. Contrariamente a quanto affermato da tanti ideologhi schierati, riteniamo che le imposte non debbano avere valenza punitiva (penalizzare in maniera fine a se stessa le ricchezze accumulate) ma essere modulate in maniera da creare la combinazione più credibile affinchè alla fine della fiera, il risultato sia maggior reddito prodotto e ricchezza generata.
Chi sono in Italia i proprietari di quegli immobili di recente sommersi fino al collo dall'IMU? Fondamentalmente dei risparmiatori (perchè il canale fondamentale del risparmio in Italia è l'investimento immobiliare).E quindi, per lo più, lavoratori. Per di più indebitati per i mutui contratti. Analoghe perplessità abbiamo sempre avuto per altri due totem spesso evocati sempre dalla stessa corrente di pensiero. Le tasse sulle transazioni finanziarie (che aspettiamo ad abolire la Tobin Tax che sta per radere al suolo il mercato finanziario nazionale e i connessi posti di lavoro?) e quelle sul lusso. Non cancellano le ingiustizie ma tagliano le gambe a settori che creano lavoro e reddito, dirottando altrove denaro e investimenti. E creando quindi le condizioni per maggiore disoccupazione, alla lunga e bassi stipendi nel breve. E quando si dice che queste risorse andrebbero a finanziare servizi essenziali, si mente sapendo di mentire. Perchè tutti sappiamo che il grosso di esse (anche nei Comuni, indipendentemente dal loro colore politico) va a alimentare la macchina burocratica, le consulenze concesse a amici degli amici e gli appalti inutili. Le famiglie e i più deboli abbandonati sono e tali continueranno ad essere. Non è possibile che nelle Amministrazioni pubbliche si pratichi costantemente la politica dei due tempi: prima i soldi (da divorare) poi riforme, razionalizzazione, dimagrimento, riorganizzazione (mai visti). E' un gigantesco imbroglio che solo una minoranza degli italiani, per il momento è riuscita a cogliere e a trasformare in controproposta politica. Il risparmio va agevolato, non disincentivato (ci risulta che paesi più evoluti del nostro stiano facendo proprio il contrario ).I proprietari degli immobili interessati continuano (e questo è un danno) ad avere idee poco chiare sulle loro prospettive di risparmio, sul destino dei loro soldi, sull'opportunità o meno di consumare di più.Ricordiamoci delle decine di migliaia di posti di lavoro che stanno andando in fumo nel settore dell'edilizia e capiremo quanto sia urgente porsi il problema di trovare altrove i soldi per garantire giuste retribuzioni ai lavoratori pubblici.
In altre parole, crediamo che ai cittadini interesserebbe sapere di più quando la PA comincerà a essere riorganizzata seriamente e non se qualche ricco in più piange in qualche paradiso naturale o fiscale.
Risparmiamoci quindi annunci di lotte prossime, inutili e non più credibili. Quel che occorre è un intervento chirurgico su obbiettivi mirati, condivisi dai lavoratori, dai cittadini e dall'opinione pubblica. E lasciare al loro destino i sindacati traditori e quelli che, anche in buona fede, sono stati capaci solo di farvi perdere, in tutti questi anni. Prima vi deciderete, cari lavoratori, prima ci riusciremo!

venerdì 23 agosto 2013

IL VERMINAIO DELLE COOPERATIVE

GRAZIE AGLI ISPETTORI DI COOPERATIVE MINISTERIALI FATTA LUCE SU UNA REALTA' SCONVOLGENTE NEL MONDO COOPERATIVO TOSCANO. COMPORTAMENTO VERGOGNOSO DA PARTE DEI BURATTINAI DI UN CERTO “SISTEMA” DI POTERE COOPERATIVO.
PERCHE' I SINDACATI INTERNI DEL MINISTERO SVILUPPO ECONOMICO , IN TESTA LA CGIL, VOGLIONO INDEBOLIRE LA VIGILANZA PUBBLICA SULLE COOPERATIVE ESPELLENDONE GLI ISPETTORI DI PROVENIENZA MINISTERO DEL LAVORO E AGENZIA DELLE ENTRATE?
PERCHE' LE STESSE FORZE POLITICHE CHE SI SCANDALIZZANO PER QUESTI AVVENIMENTI NON SI ADOPERANO PER TOGLIERE ALLE CENTRALI COOPERATIVE LA POSSIBILITA' DI VIGILARE ORDINARIAMENTE (OGNI 1-2 ANNI) LE LORO STESSE COOPERATIVE ADERENTI? AFFIDANDO TUTTA LA VIGILANZA SOLO ALLO STATO?
PERCHE' , LAGGIU' IN TOSCANA, LA PARTE DEL MINISTERO DEL LAVORO CHE SI OCCUPA DI ISPEZIONI SUL LAVORO NON SI ERA IN QUESTI ANNI ACCORTA DI NULLA?

ALCOOP-AGL lavoratori cooperative
ALP-AGL ispettori di cooperative
ALAI-AGL lavoratori agroindustria
AGL Toscana


I seguenti articoli sono tratti dai citati organi di stampa.




Forteto, esito della relazione degli ispettori





«Sulla cooperativa del Forteto, dagli ispettori ministeriali si rileva una valutazione affine a quella cui siamo giunti con la relazione della Commissione d’inchiesta del Consiglio regionale tra lesione arbitraria dei diritti di alcuni soci-lavoratori, disparità di trattamento, firme inconsapevoli su operazioni finanziarie, negazione dell’accesso a buste paga e Cud. E i vertici del Pd, così come un pezzo del sistema-Toscana, si ostinano nelle difese ideologiche e d’ufficio tacciando chi cerca di basarsi sui fatti, di fare chiarezza sulla tragica vicenda e quindi di chiedere giustizia di strumentalizzare la vicenda? Ma con che faccia?» A esplodere così è il Consigliere regionale del Pdl Stefano Mugnai che ha presieduto la Commissione regionale d’inchiesta sugli affidamenti che aveva proprio le vicende del Forteto come cartina di tornasole.
Mugnai ha appena letto le conclusioni, ormai rese pubbliche, cui sono giunti gli ispettori e beh, di rilievi sostanziali e importanti a far da presupposto alla richiesta di commissariamento ce ne sono eccome. Invece, solo pochi giorni fa, dal Pd il segretario regionale Ivan Ferruci e quello metropolitano Patrizio Mecacci – che a differenza di parte dei soci aveva potuto leggere nei giorni scorsi la relazione – avevano enfatizzato il passaggio in cui il Forteto viene definito dagli 007 del ministero «solida e fiorente realtà imprenditoriale». Non era che il rigo numero 13 di conclusioni lunghe sei pagine. A pagina 2 iniziano i guai, con gli ispettori che premettono alle loro analisi il «legame imprescindibile» tra cooperativa, associazione e una «comunità ispirata a proprie regole e principi». Il rapporto interno alla cooperativa, rilevano gli ispettori che, nei loro quattro mesi di investigazione, hanno interrogato 18 soci persone fisiche più 1 ex socio, «è sempre stato sostanzialmente basato su incondizionata “fiducia” per arrivare addirittura a una sorta di “affidamento acritico” dei soci nei confronti degli amministratori».
«Tradotto – incalza Mugnai – affidamento acritico nei confronti dei capi della comunità-setta. Quelli che ora sono a processo. Sì perché su un punto va fatta chiarezza: per i vertici della comunità il vero fine è la comunità-setta stessa, la cooperativa è un bene strumentale dal cui controllo discende la possibilità per il sistema Forteto di superare anche questo ulteriore triste capitolo. Motivo in più per considerare il commissariamento e quindi la necessità di scindere il futuro della cooperativa da quello della comunità, il modo più efficace, oltre che giusto, per tutelare azienda e posti di lavoro».

«L’organo amministrativo – si legge poi ancora nella relazione ministeriale – non sembra abbia messo a conoscenza i soci lavoratori (o lo abbia fatto in maniera marginale e superficiale) del contratto di lavoro […] e, cosa assai grave, sembra che alcuni soci abbiano inconsapevolmente sottoscritto strumenti finanziari». Ancora: «I soci lavoratori, indipendentemente dalle mansioni effettivamente svolte, sono tutti inquadrati con lo stesso contratto e in unico livello contributivo», con violazioni giuslavoristi che per le quali gli ispettori si riservano di inviare gli atti agli organi competenti. C’è dell’altro: «L’ente – si legge già a pagina 3 – nega il diritto del socio alla consegna delle buste paga, del Cud e alla corresponsione delle prestazioni straordinarie e festive effettuate». Per non parlare dello scossone seguito alle denunce di natura penale fatte da alcuni soci, i cui contenuti sono oggetto del processo a carico di 23 persone ai vertici del Forteto – compreso il fondatore e ‘profeta’ Rodolfo Fiesoli – che inizierà il prossimo 4 ottobre. «Emerge con chiarezza – si legge a pagina 4 – un atteggiamento discriminatorio nei confronti dei soci usciti dalla comunità [… che …] appare gratuito e comunque non riconducibile o giustificabile da irregolarità o comportamenti scorretti del socio nell’ambito del normale rapporto associativo o professionale».

Riassumendo, si rileva la «tendenza a confondere le regole ed i principi della “comunità” con il rapporto lavorativo e societario», il che pare aver «condotto gli stessi soci a ritenere “normali” atteggiamenti particolarmente “interferenti” dell’organo amministrativo».

Mugnai è tranchant: «Si tratta delle medesime dinamiche rilevate dalla Commissione regionale d’inchiesta, solo proiettate nell’universo lavorativo. I vertici del Pd comunque su una cosa hanno fatto definitiva chiarezza: il legame a filo che lega il loro partito e la storia del Forteto. Un legame che, evidentemente, è più forte delle sentenze passate in giudicato e di quanto già emerso in questi ultimi mesi; più forte anche della difesa dei diritti fondamentali delle persone e dei lavoratori, della ricerca della verità e dell’esigenza di giustizia delle vittime. Ma è l’ora di finirla, di levarsi i paraocchi. In questa vicenda occorre che tutte le persone di buona volontà, a prescindere dall’appartenenza politica, si mettano dalla parte delle vittime e dei loro diritti calpestati dopo che per trent’anni il Forteto, malgrado fior di sentenze passate in giudicato a carico dei suoi leader, ha rappresentato un punto di riferimento culturale e politico per un pezzo di Toscana. Non dico che sia facile rinunciare a un’utopia, ma le persone ed i loro diritti sono più importanti delle ideologie. Oggi è assolutamente necessario aprire gli occhi».




l documento

Forteto, ecco l'atto d'accusa
contro la cooperativa

Secondo gli ispettori del ministero non venivano consegnate le buste paga ai soci, nè pagati straordinari e festivi




Ecco l’atto di accusa contro la cooperativa Il Forteto: sono le sei pagine con cui i due ispettori del ministero dello Sviluppo Economico, Lorenzo Agostini e Fabio Fibbi, riassumono le anomalie riscontrate nell’azienda vicchiese, che a loro avviso deve essere commissariata. Accuse dure, pesanti, che partono dalle commistioni tra la comunità di Rodolfo Fiesoli e la cooperativa, descrivono le discriminazione verso i soci disobbedienti, individuano varie irregolarità amministrative e finiscono per censurare il regime di affidi di minori messo in atto dalla cooperativa.
Il documento sarà discusso oggi durante l’assemblea dei soci che si terrà al Forteto, prima che il ministero dello Sviluppo Economico decida se ratificare o meno il commissariamento. Al Forteto, scrivono Agostini e Fibbi, tra cooperativa e comunità c’è «un legame imprescindibile» e la «tendenza a confondere le regole e i principi della “comunità” con il rapporto lavorativo e societario della cooperativa». Così, tutto è delegato ai capi e i soci vengono lasciati all’oscuro persino dei propri diritti. «Emblematica, a questo proposito, l’inconsapevolezza riferita da alcuni soci interrogati di aver sottoscritto atti importanti, come ad esempio titoli obbligazionari o altri strumenti finanziari, nella completa ed acritica fiducia nei confronti dei proponenti, senza la reale conoscenza di ciò che stavano sottoscrivendo».
Gli ispettori affermano poi che «l’ente nega il diritto del socio alla consegna delle buste paga dei CUD e alla corresponsione delle prestazioni straordinarie e festive effettuate». Emerge, inoltre, «una sostanziale ignoranza dell’istituto del ristorno (la ridistribuzione ai soci del profitto realizzato dalla cooperativa, ndr), distribuito normalmente al termine di ogni esercizio ai soci lavoratori». Ampio spazio viene dato nella relazione alla discriminazione dei soci fuggiti dalla comunità, ma rimasti a lavorare in cooperativa. «Emerge con chiarezza un atteggiamento discriminatorio nei confronti dei soci che sono usciti dalla “comunità”», affermano gli ispettori, citando casi di demansionamenti e persino la storia di un ex socio che ha testimoniato di aver dovuto lasciare la cooperativa contro la propria volontà, dopo essere stato costretto in «una sorta di isolamento». Agostini e Fibbi spiegano poi che la cooperativa «non appare dotata di strumenti normativi (…)che tutelino e/o garantiscano i diritti di eventuali “ospiti” disadattati e/o minori», in riferimento al fatto che alcuni minori, in passato, non erano stati formalmente affidati a delle coppie, ma alla cooperativa stessa, senza che questa però avesse previsto norme e regolamenti interni ad hoc.
Per tutte queste ragioni, i due ispettori chiedono il commissariamento della cooperativa, perché «detto provvedimento, oltre a sanare almeno alcune delle irregolarità rilevate nel corso dell’ispezione, appare necessario al fine di un ricollocamento dell’ente nell’ambito della propria attività e del proprio scopo». Oggi, durante l’assemblea, il Cda del Forteto esporrà le controdeduzioni da presentare al ministero per sventare l’ipotesi del commissario. Ma ci sarà anche un gruppo di «soci dissidenti», con ogni probabilità minoritario, che presenterà un documento elaborato dal comitato delle vittime del Forteto, dove si afferma la necessità del commissariamento, dopo anni di «innumerevoli soprusi»: «Confidiamo – recita il testo – che la giustizia cominci ad affermarsi anche in ambito civilistico, societario, previdenziale e del lavoro, a fronte delle pluriennali violazioni dei diritti in danno dei soci e dei lavoratori».
Giulio Gori
23 agosto 2013


Forteto: Pd, Coop e cooperative contro il commissariamento ministeriale

Per gli ispettori del ministero dello Sviluppo economico l'azienda di Vicchio va commissariata. Concorde il centrodestra, non il Pd: "Strumentalizzazioni politiche che troviamo inopportune e controproducenti"
redazione20 agosto 2013

Dopo gli abusi, gli scandali, le deposizioni, gli orrori, passando per le minacce e le richieste di lavoro, al Forteto sono è arrivata l’ispezione del ministero dello Sviluppo economico. E la sentenza degli ispettori, inviati lo scorso aprile, su richiesta del Consiglio regionale toscano, si è ben presto trasformato nell’ennesimo caso: gli ispettori hanno chiesto il commissariamento della cooperativa di Vicchio. 
La stessa richiesta di commissariamento era stata avanzata nei mesi scorsi nella relazione finale commissione di inchiesta sulla vicenda Forteto del Consiglio regionale, poi approvata dall’intera Assemblea toscana. La cooperativa così ha deciso di convocare un’assemblea straordinaria dei soci per analizzare il contenuto della relazione e approvare delle controdeduzioni da inviare al Ministero che dovrà esprimersi sul commissariamento. La vicenda Forteto vede il fondatore e ‘guru’ della comunità di Vicchio, Rodolfo Fiesoli, e altre 22 persone, rinviati a giudizio nell’inchiesta sulle violenze sessuali e maltrattamenti, che sarebbero stati inflitti agli ospiti della comunità, tra cui minori in affido. Il processo è convocato il 4 ottobre e tra le parti civili ammesse figurano anche il Comune di Borgo San Lorenzo e la Regione Toscana.
A caldo, il presidente della cooperativa Stefano Morozzi, aveva dichiarato: “Non abbiamo niente da nascondere e non abbiamo niente da temere. I rilievi espressi dagli ispettori saranno esaminati approfonditamente e sicuramente risolti dal nuovo Cda della cooperativa. Si tratta di rilevi che non giustificano una proposta di commissariamento e nemmeno una semplice diffida”. Tra questi la decisione della cooperativa di applicare a tutti i soci lavoratori lo stesso salario, al pari degli altri dipendenti. Per Morozzi “una proposta di tale gravità deve fondarsi su precise rilevazioni oggettive di gravissime violazioni, e non può in alcun modo far semplicemente riferimento ad un generico ‘clima pesante’, che graverebbe attorno alla cooperativa per gli avvenimenti attribuiti a persone non più socie”.

FORTETO: ABUSO COME PRASSI, MINORI COME PREDE

Di diverso parere Stefano Mugnai del Pdl, presidente della commissione di inchiesta del Consiglio regionale: “E’ una richiesta più che plausibile alla luce di quanto appreso in commissione. Un po’ alla volta verrà fatta giustizia su una storia trentennale di abusi, di coperture politiche, di regole non rispettate. Una storia che ancora deve essere raccontata fino in fondo”.

IL COMITATO DELLE VITTIME CHIEDE IL COMMISSARIAMENTO

IL NO DI LEGACOOP E CONFCOOPERATIVE – “Non comprensibile né giustificata la proposta di commissariamento del Forteto”: così Legacoop e Confcooperative all’indomani del vedetto ministeriale. “Occorre tutelare il patrimonio industriale e di lavoro di un’importante realtà agricola e produttiva toscana. I rilievi posti sono di natura amministrativa e di scarsa entità, e possono essere affrontati e gestiti serenamente dall’attuale gruppo dirigente, che è utile ricordare ha segnato un importante elemento di discontinuità rispetto al passato”.

FIESOLI RINVIATO A GIUDIZIO

PD – Ed infine, ieri, sul caso si è espresso il Partito democratico toscano: l’auspicio, hanno sottolineato i segretari regionale, metropolitano fiorentino e mugellano del Pd Ivan Ferrucci, Patrizio Mecacci e Marco Recati, è che il commissariamento “possa essere evitato e che i rilievi posti dagli ispettori possano trovare soluzioni mantenendo l’attuale gestione anche perché' contemporaneamente sono stati messi in luce molti aspetti sulla solidità dell’attività della cooperativa. Dopo la proposta di commissariamento del Forteto – hanno continuato gli esponenti del Pd – abbiamo assistito a nuove strumentalizzazioni politiche del centrodestra che troviamo inopportune e controproducenti perché è una questione che riguarda, è bene ricordarlo, una realtà produttiva importante del nostro territorio, il cui futuro dunque dovrebbe interessare tutti senza distinzioni di appartenenza. La cooperativa del Forteto, tra l’altro, ha fatto scelte importanti riguardanti i propri vertici, muovendosi secondo noi in una giusta direzione”.