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domenica 24 febbraio 2013

SOLIDARIETA' DELL'AGL AI LAVORATORI DELLA RAI E DI RCS MEDIAGROUP (TRA I QUALI I GIORNALISTI DEL CORRIERE DELLA SERA)

Rai: nonostante la cura dimagrante annunciata dal Direttore Generale, da una parte vengono nominati 12 vicedirettori (con relative spropositate retribuzioni) e dall'altra 450 dipendenti saranno definitivamente fuori dall'Azienda. Poiché 150 di essi stanno resistendo, non possiamo che essere solidali con loro e dirgli di tenere duro.
Un'altra importante entità della cultura del nostro Paese, la RCS, sta attraversando una fase drammatica, soprattutto per i propri lavoratori.640 esuberi di cui 200 giornalisti, la vendita o chiusura di 10 testate periodiche, la vendita della sede del Corriere della Sera di Via Solferino, risparmi sul costo del lavoro che significheranno riduzioni della retribuzione. Tutto, sembra, non per una crisi di mercato ma per errori del management. Anche qui la nostra piena solidarietà ai lavoratori. Continueremo a seguire la vicenda.

lunedì 18 febbraio 2013

LAVORO: PARTITA DAL PORTO FORNERO, UNA ZATTERA ALLA DERIVA NELLA NOTTE GALLEGGIA SULLA PALUDE DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI. I TRE MAGGIORI SCHIERAMENTI DISCORDI SUL DOPO ELEZIONI.

E' di pochi giorni fa l'ultimo richiamo dell'OCSE che come al solito, all'italiana, verrà letto dagli interessati, in più maniere tra loro contraddittorie. Dice l'OCSE che più che il posto, va protetto il reddito del lavoratore. Ma i soldi per farlo, in Italia, ci saranno?Le leggi, infatti, come noto, non producono di per sé nuove risorse.Anzi, per raggiungere l'obbiettivo spesso ne richiedono di nuove. Sempre OCSE sostiene che ciò influirebbe sulla migliore dislocazione della forza lavoro. Ma già qui emerge una divergenza di impostazione tra una Europa liberista, che ipotizza un processo di causa -effetto spontaneo e una visione italiana statalista e dirigista che unanimemente ritiene che questi processi vadano guidati da politiche attive del lavoro (per la verità solo nell'ultimissima comunicazione l'OCSE ne fa cenno, senza troppa convinzione) , mai realmente fatte in decenni nonostante le decine di migliaia di dipendenti pubblici impegnati nelle relative amministrazioni di cui non si vuole ammettere , per motivi clientelari, l'inutilità. Sarà dura realizzare la flessibilità in entrata e uscita richiesta dall'OCSE quando la mentalità prevalente è quella che l'una e l'altra parte , nelle due fasi, debbano essere più brave a fregare la controparte che a rispettare regole di correttezza e civiltà. Tutto un altro mondo, quindi. In ogni caso in Italia, prima del 2017 un sistema universale di protezione sociale per chi perde il lavoro non sarà realizzabile e quindi su questo, per il momento, a meno che non siano scoperti pozzi di petrolio in Via Flavia, è meglio mettersi l'anima in pace e proseguire coi vecchi ammortizzatori. Già il Fondo Monetario Internazionale aveva cominciato a snocciolare questo libro dei sogni: riforma della giustizia, riforma tributaria, riforma della scuola e dell'università, no ai condoni, ridurre il cuneo fiscale,liberalizzazioni, privatizzazioni, ecc. Con un po' di ritardo forse: qualcuno dovrebbe spiegare all'OCSE che in Italia le tasse universitarie è inutile aumentarle ancora visto che ormai gli studenti stanno abbandonando le facoltà sia per i già alti costi sia per l'inutilità della laurea nell'attuale mercato del lavoro. E con troppa prudenza, visto che lascia la porta aperta e quindi ammette una modulazione temporale degli interventi in tutti i settori di cui si propone la riforma compatibilmente con le esigenze di bilancio. Quindi se ne parlerà tra anni. Per cui: parole al vento. Nel frattempo la riforma Fornero si delinea (lo dicono gli imprenditori e non stranamente quei partiti che dicono di voler rappresentare il lavoro dipendente, il più colpito dal capolavoro della professoressa torinese) come un disastro epocale. . Ha aggravato i costi nell'utilizzo di apprendistato e lavoro a termine, ha concorso alla perdita di ulteriori 320 mila posti di lavoro e a un tasso di disoccupazione, specie giovanile, che da tempo non si riscontrava. Le aziende fanno sempre meno contratti, soffocate da burocrazia asfissiante e oneri inutili. Il contratto di apprendistato è affondato per l'aumento della contribuzione, per il vincolo di stabilizzazione e, per la verità, anche per i ritardi delle Regioni. Analoghe disavventure per il contratto a tempo determinato, grazie all'aumento della contribuzione, non riequilibrato dal premio di stabilizzazione e dalla possibilità di omettere il “causalone”.La reputazione delle collaborazioni e delle partite IVA era da tempo segnata (per la intrinseca pericolosità) da parte delle aziende, il contratto di inserimento è stato abrogato,le agevolazioni alle assunzioni femminili sono al palo per la solita non immediata attuabilità delle leggi italiane (da definire ancora territori e tipi di impiego). Poiché è aumentato il contributo per l'ASPI è diventato più costoso licenziare quindi si preferisce addirittura non assumere. Nè tanto meno le aziende sono propense a versare i contributi relativi ai fondi di solidarietà bilaterale e residuale.
Un capolavoro quindi cui oltre alla Fornero ha sicuramente concorso l'elite amministrativa del Ministero del Lavoro che ha fornito la propria preziosa consulenza tecnica a supporto del Ministro. Anche l'Italia pertanto possiede le sue armi di distruzione di massa. Come rimediare? Qui la confusione rischia di accentuarsi. Il PD è per una modifica della riforma, il PDL per abolirla, Monti (cioè Ichino) per sperimentare nuove soluzioni. Molto dipenderà da chi ricoprirà il posto di Ministro del Lavoro e dalle spinte che verranno, su un tema tanto sensibile, dalla sinistra estrema, dalla lega, dai grillini e, ovviamente, dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro.
Dalla lettura delle varie posizioni in campo alcune osservazioni sono d'obbligo.
Il PD appare eccessivamente attardato in una visione ingegneristica del diritto del lavoro. L'impressione è che abbia difficoltà ad elaborare un modello coerente e compiuto e, probabilmente, sia intenzionato in futuro ad appaltare alla CGIL e alla Camusso , volta a volta, l'elaborazione di proposte da far proprie come governo in cambio di una pace sociale (e qui non sembra lecito attendersi uno scavalcamento da parte di CISL, UIL e UGL). Da un punto di vista tecnico è prevedibile che si ripropongano gli stessi errori compiuti quando si riformò la materia del lavoro pubblico. Un groviglio di circolari, decreti attuativi, protocolli di intesa che rischia di far diventare il diritto del lavoro italiano ancor più giungla di come lo sia attualmente. Unico sollievo: forse per un bel po' di tempo ci verrà risparmiata l'inutile polemica sull'articolo 18 (forse l'argomento che alle aziende interessa di meno, in quanto non a tutti è noto che le aziende non vogliono licenziare ma crescere, produrre e assumere alle condizioni più favorevoli possibili). Il PD non si occuperà di pensioni (non smetterà mai di ringraziare la Fornero per averci lavorato sopra sporcandosi fino al collo) se non per sanare la vicenda esodati effettivamente imbarazzante per l'elettorato di riferimento L'art. 8 di Sacconi per il PD è come l'alieno di Roswell di cui si debba fare l'autopsia: ancora non ha capito da dove cominciare,se la contrattazione aziendale è un rischio o un opportunità: poco male: saranno gatte da pelare per la CGIL....
L'uomo di punta per la Lista Monti è Ichino, uscito sconfitto anche lui dalle primarie del PD. Ovvio che per questo motivo e per la sua scelta di cambiare schieramento, nonché per una vecchia ruggine tra lui e l'Amministrazione del Lavoro, sarà difficile che la sua proposta possa essere influente, quanto meno nella prima parte della legislatura. Il professore è divenuto molto più prudente (il tritacarne in cui si è ficcata la Fornero ha spaventato molti studiosi) e pone l'accento sull'aspetto sperimentale della propria proposta perchè neppure lui sa se possa davvero funzionare nel caos del mondo del lavoro in Italia. Diversi sono i punti deboli della proposta. In sintesi:le imprese sono stanche di esperimenti: vogliono lavorare e in sicurezza, altrimenti vanno all'estero. Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato (illusorio) rischia più di essere un dogma che una realtà. Forse è bene che si elaborino modelli alternativi in cui tutti, senza privilegi, possano cambiare lavoro nella vita in piena sicurezza. Il precariato non è sgradevole tanto per la durata determinata ma per essere sfruttamento sottopagato e ricattato. Più che la durata, qui il tema è la dignità delle condizioni di lavoro e la sufficienza della retribuzione. Quindi secondo noi, anche da parte di Ichino c'è un evidente ritardo interpretativo. Di ridurre il cuneo fiscale Ichino sa meglio di noi che non è aria, almeno finchè i costi della PA saranno a questi livelli. Ichino poi dovrebbe sapere che l'Outplacement in Italia il soggetto pubblico non sa farlo e quindi non sarebbe gratuito. E delude quando scomunica l'art. 8 di Sacconi in nome del totem CCNL. Ci saremmo aspettati un po' più di coraggio nel valorizzare la contrattazione aziendale, l'unica che può sparigliare il pluridecennale immobilismo dell'assetto sindacale italiano.
Quanto al PDL pesa su questo schieramento l'eredità della gestione Sacconi cui non si può non pensare in relazione alla credibilità delle intenzioni di modificare realmente, questa volta, il mercato del lavoro. Certo, non si può negare che la scelta sia chiara (abolire la riforma Fornero e tornare alla Legge Biagi) e che il quadro ideologico sia coerente. Il punto debole è nella dimostrata incapacità, in questi anni, di quella parte, di saper unire e non dividere il mondo del lavoro su una prospettiva condivisa. E in Italia la riforma del Lavoro o la si fa tutti assieme o non la si fa. Anche in questo caso, come per Ichino, il contrasto tra tempo indeterminato e precariato è posto in maniera non corretta e fuorviante, in maniera cioè poco moderna. Ovviamente la validità dell'art. 8 di Sacconi è ribadita ma ci sarebbe più piaciuta una netta presa di distanze da visioni dello stesso penalizzanti per le condizioni dei lavoratori. Bene abbattere il totem del CCNL ma per migliorare le condizioni di imprese e lavoratori , non per peggiorarle perchè non è così che l'economia cresce. Quanto al tema della liberazione del lavoro dai vincoli fiscali e burocratici, lo stesso è convincente come sempre ma in realtà è rimasto in questi anni una mera utopia nonostante le responsabilità di governo ricoperte.
In conclusione auguriamo a tutte le forze politiche, dopo le elezioni, di riuscire a realizzare qualcosa di buono e costruttivo per tutti i lavoratori italiani. Ne sentiamo veramente il bisogno.

COOPCOSTRUTTORI DI ARGENTA (FE), GIUSTIZIA ATTESA DAL 2003. DELUSIONE PER LE MITI CONDANNE

2003: scoperto un buco da un miliardo di euro nella contabilità della quarta azienda edilizia italiana. 10.000 creditori in difficoltà e 3.000 famiglie rovinate.
Sapevamo che in Italia per avere giustizia occorre tanto tempo. Certo, la giustizia non è vendetta ma, nel caso in cui non sia possibile recuperare i soldi, in questo, come in tutti gli altri casi, un po' di punizione allevia le sofferenze. Ma in Italia non tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. Chi è più ricco può pagarsi i migliori avvocati e ha più probabilità se non di farla franca, almeno di limitare i danni. Colpiscono alcuni fatti che da tempo si ripetono in casi come questi che riguardano grandi cooperative affiliate a grandi Centrali.Il nuovo modello di vigilanza pubblica cooperativa, nato, caso vuole, proprio nel 2002 qui sembra essere stato attraversato dalla vicenda come un ectoplasma. Magra consolazione per gli organi ministeriali che anche le tre società di revisione e certificazione dei bilanci (le grandissime cooperative hanno anche questo obbligo aggiuntivo) siano state assolte. Come poteva un ispettore ministeriale in sede straordinaria accorgersi di quanto sfuggito addirittura ai super professionisti della revisione contabile? Però non può finire qui e non può finire così. Per quelle imprese e famiglie coinvolte, le quali entrambe hanno fatto affidamento sul sistema cooperativo non a caso ma perchè pensavano che godendo di agevolazioni fosse adeguatamente vigilato (preventivamente, contestualmente e subito dopo gli interventi) e, dal punto di vista delle famiglie, perchè in Italia (lo dice la Costituzione) le cooperative sono imprese non come tutte le altre ma con la caratteristica di avere una funzione sociale vincolante per la possibilità di godere di benefici e contributi.
In Italia, a seguito delle prossime elezioni, molto probabilmente diverrà Presidente del Consiglio un esponente politico piacentino nato, cresciuto e maturato nel cuore dell'Emilia cooperativa il quale, si dice, abbia nel mondo cooperativo uno dei principali pilastri della propria forza politica ed elettorale. In campagna elettorale tutti i sindacati hanno inviato alle forze politiche una serie di indicazioni programmatiche, chiedendo su di esse l'impegno dei vari partiti facendo intendere di poter garantire un sostegno a chi facesse proprie determinate proposte.
Non ci risulta che nessun altro sindacato, oltre a noi dell'AGL, abbia chiesto al probabile futuro presidente del Consiglio quanto segue: che per evitare che si ripetano drammi come quello della Coopcostruttori di Argenta venga abolita la possibilità che la vigilanza ordinaria annuale o biennale sulle società cooperativa venga demandata alle stesse Centrali cooperative cui quelle cooperative aderiscono e a cui pagano quota associativa e contributi di revisione, oltre a destinare una percentuale del patrimonio residuo ai rispettivi fondi mutualistici. Non vi può più essere coincidenza tra controllore e controllato (la vicenda Banca d'Italia – MPS qualcosa avrà pure insegnato) E che la vigilanza sulle società cooperativa torni tutta e unicamente allo Stato che la eserciti attraverso il Corpo di revisori appositamente abilitati e per i quali venga istituito un albo e ruolo professionale. Che questi revisori e ispettori straordinari vengano aggiornati gratuitamente e intensamente , che tutte le strutture e le risorse della PA vengano messe a loro disposizione a costo zero, che vengano di nuovo istituiti uffici territoriali della vigilanza cooperativa e che in essi vengano impiegati quelle centinaia di revisori oggi in forza al Ministero del Lavoro (ostacolati costantemente dalla Direzione Generale del Personale di quella sfortunata Amministrazione) che possano, se lo vogliano, trasferirsi al Ministero dello Sviluppo Economico. Ciò per garantire il rispetto della frequenza annuale e biennale delle revisioni. E per prevenire, prima che sia necessario, come per la Coopcostruttori, l'intervento “curativo” della Magistratura (benemerita) quando però ormai non ci sia nulla da fare per famiglie e creditori.
Aspettiamo fiduciosi di vedere se chi si professa coraggioso liberalizzatore e nemico delle Lobby abbia, una volta al potere, il fegato di distogliere le Associazioni che lo hanno sempre sostenuto da un mestiere non loro congeniale (quello di controllore di coloro che li finanziano) e di farle concentrare sull'attività più propria di assistenza, tutela e rappresentanza.

AGL Ispettori di Cooperative

I RAPPORTI CON L'EUROPA E I VERI INTERESSI DEI LAVORATORI ITALIANI

In campagna elettorale è uno dei tempi più trattati: quello dei rapporti dell'Italia con la Merkel e con l'Europa (da essa , sembra, di fatto, egemonizzata) con la Francia (che bene o male, come suo solito, riesce a darsi una chiave per gestire i propri interessi) con gli USA (da noi italiani criticati ma, probabilmente, non del tutto compresi)
A nostro parere i ragionamenti che si fanno in Italia sono inquinati dalla persistenza di miti e di frasi fatte. Uno dei rimpianti legati all'avvento dell'euro è quello della sopravvenuta impossibilità di mantenere il nostro export facendo leva, come una volta accadeva, sulla svalutazione. Si dice: perchè americani e giapponesi possono farlo e noi no? A nessuno viene in mente che forse è l'imprenditoria italiana a non saper essere più competitiva come una volta. Forse perchè ha sempre pensato ad arrangiarsi e a speculare più che agli interessi veri del Paese la tutela dei quali fosse oggetto dell'attività di una classe dirigente politica in verità sempre più scadente perchè scarso oggetto delle attenzioni e delle cautele (a parte le interferenze illecite e l'assalto alla diligenza delle agevolazioni) degli imprenditori. Chi è causa del suo mal, quindi, pianga se stesso.Grande responsabilità è anche dei grossi sindacati, i quali hanno seguito a ruota, come un ballo di coppia, la classe imprenditoriale, puntando non sullo sviluppo della produttività ma sul perpetuarsi dei pascoli pubblici per mantenere le proprie greggi. Poca lungimiranza quindi, anzi miopia, nonostante il fiorire di centri studi di politica economica. Ora forse è troppo tardi per scampare a un destino simil-greco (nella sostanza anche se, probabilmente, nella forma, un po' più soft...o ci saremo già dentro e non ce ne siamo accorti?)Perchè? Il fiscal-compact è ormai realtà e le ganasce ce le siamo messe e abbiamo lasciato che ce le mettessero. Gli impegni l'Italia li ha mantenuti e dovrà mantenerli. Tutti i partiti (per scarso coraggio) lo ammettono e anche chi si vuole un po' smarcare sappiamo già che dopo, in Europa, chinerà la testa perchè le grandi potenze sanno come utilizzare i loro strumenti per farsi rispettare. Non si esce da un meccanismo da un giorno all'altro. Occorrerebbero grandi personalità politiche che ragionassero su un orizzonte di medio-lungo periodo. Questi pensano solo a mantenere il loro seggio parlamentare il più possibile e a monetizzare quanto più si può. Gli altri, i “nuovi” arrivati sulla scena politica avranno pure tante buone intenzioni ma non sono oggettivamente e comprensibilmente preparati a una attività così complessa.La classe imprenditoriale? Anch'essa pensa agli affari suoi. Chi può trasferisce i propri interessi fuori dall'Italia (quindi non solo la FIAT lo sta facendo ma tutti gli altri).
Il secondo mito da sfatare è quello della tutela dell'italianità. Ma quale? Quella del boom economico degli anni '60? Bella, ma nei film. Quella delle grandi personalità e dei cervelli? Ma le une e gli altri ormai non parlano più neppure in italiano, se non nella pubblicità e nelle cerimonie di premiazione. Infatti, li abbiamo indotti a scappare via, adottando un sistema di istituzioni culturali universitarie e scolastiche quello sì degno dei film di Totò o degli spettacoli di Pulcinella. O l'italianità degli imprenditori che vanno a portare sfruttamento, mazzette, malaffare all'estero? Con quelli lì l'italiano onesto non ha nulla a che fare. Ma non è che per caso tutta questa passione per l'italianità sia alimentata dai vertici di quelle aziende (Edison, Bnl, Parmalat, Finmeccanica, Saipem, Alitalia,Telecom, Enel , Eni e Fiat) che o già sono state comprate o stanno per esserlo dagli stranieri? Ma perchè il lavoratore italiano dovrebbe preoccuparsi della sorte di imprenditori e manager incapaci e guardare con timore all'avvento di imprese e paesi diversi desiderosi di fare e non di evadere, speculare, corrompere, licenziare? Quindi, spettabile management di quelle aziende in via di acquisizione (e giornali amici), lamentatevi pure ma non nel nostro nome di italiani. Voi avete tradito l'Italia in nome del vostro portafoglio, voi con noi non avete più nulla a che fare e non vi vogliamo più. O meglio, aspettiamo di incontrarvi a fare il nostro stesso lavoro alla catena di montaggio, negli uffici o a pranzare al nostro fianco alla mensa aziendale.Vuoi vedere che grazie all'avvento degli stranieri finalmente i vertici aziendali verranno scelti in base a criteri meritocratici e non alla discendenza famigliare?

I DIPENDENTI PUBBLICI E LA POLEMICA SUI COSTI DELLA BUROCRAZIA

I dati diffusi da Confartigianato sui costi della burocrazia fanno impressione. Se ne parla da anni ma evidentemente fare qualcosa di serio per ridurla, razionalizzarla e modernizzarla si è rivelato impossibile.
Diamo per scontato che sull'interpretazione del fenomeno e sull'identificazione di esso come un problema (“il” problema?) si sia concordi. Per lo meno tra i cittadini che non abbiano le mani in pasta con quel groviglio di interessi e vogliano sinceramente il bene di sé stessi, delle loro famiglie, delle loro imprese (se non le hanno già chiuse).La domanda capitale è : “che fare?” ma soprattutto “chi può fare di più?” (l'assonanza sanremese è puramente casuale).
Soggetti politici che vogliano veramente innovare, all'orizzonte, non se ne vedono. Per ragioni diverse e comprensibili. Uno schieramento ha nell'elettorato appartenente al pubblico impiego uno dei propri pilastri. Un altro è, per sua natura, punto di riferimento, di fatto, della dirigenza (e si sa che i generali, senza un esercito, anche scalcinato, contano ben poco) cioè di chi nella PA è presente non a caso e svolge ruolo di garante per il perpetuarsi del potere, un altro ancora ha capito, sin dal 1994 che anche se a malincuore e turandosi il naso con la burocrazia deve fare i conti (e non può regolare i conti) se non vuole che le proprie “riforme” tese a favorire determinate categorie e territori serbatoio elettorale si spengano nel nulla. Altri schieramenti, oggi marginali, abituiamoci a valutarli meglio una volta che avranno avuto veramente a che fare col mostro. Ne usciranno (la storia ci dice questo) o fagocitati, o isolati e sconfitti oppure ne assaggeranno per un po' i privilegi in attesa della normalizzazione. Soggetti economico-imprenditoriali hanno dimostrato di avere un rapporto di amore-odio con la burocrazia. La detestano quando la stessa manda a monte i propri affari ma spesso, in silenzio e di nascosto, cercano di mettersi d'accordo con essa, anche illecitamente, per fregare i concorrenti. Diciamo poi che in Italia questi soggetti non hanno mai brillato per attaccamento ad interessi superiori o al bene comune. Meglio non illudersi e non fare affidamento su di loro. I sindacati grandi e storici sono in rapporto di interesse con gli alti livelli burocratici. Da uno scambio con essi derivano i residui favori e privilegi che riescono a strappare per conservare gli iscritti da loro rappresentati, che si accontentano sempre di meno, così come quei sindacati li hanno gradualmente abituati a fare. I sindacati piccoli sono stati annullati da una normativa sulla rappresentatività di cui sinora né loro né altri hanno pienamente compreso la natura sostanzialmente ingannevole e antidemocratica (cosa c'è di più autoritario della finta democrazia?). Restano i lavoratori pubblici, cioè noi, per la verità sempre più presi dal problema di campare giorno per giorno più che dalle preoccupazioni sulla sorte della democrazia. Diciamo loro: quando avrete tempo di rifletterci vi accorgerete che in Italia nulla è cambiato e nulla muterà finchè non saranno proprio i lavoratori pubblici a far propria la bandiera della lotta alla burocrazia (già, proprio quella che apparentemente vi dà da mangiare – anche se in realtà è il contribuente che lo fa- e quella nella quale sognate ancora che un domani vostro figlio possa assere assunto tramite un concorso), della battaglia perchè vengano ridotti gli adempimenti per avviare una nuova impresa, per costituire un nuovo rapporto di lavoro, i passaggi per accedere al credito o quelli fiscali. Così come per ridurre e semplificare le leggi e per digitalizzare la pubblica amministrazione. Perchè innanzitutto voi (noi) siamo quelli ad aver bisogno di una giustizia veloce ed efficiente, di servizi alla famiglia veri , diffusi, alla portata delle nostre tasche. Prendiamola allora in mano questa bandiera e muoviamoci, non fidandoci di coloro che dicono che se si riducesse la burocrazia questo significherebbe perdere tanti posti di lavoro impiegatizi. Ci ricattano e ci ingannano, per farsi sempre gli affari loro. Ragioniamo con la nostra testa, guardiamo (almeno su questo) all'Europa e lasciamo al loro destino i demagoghi sindacali , gli unici che hanno interesse a che si perpetui questo sistema perverso, temendo che in caso contrario dovrebbero tornare a lavorare sul serio.

domenica 10 febbraio 2013

PERCHE' IL PRESIDENTE DI UN AUTHORITY NON DOVREBBE ESSERE UN EX POLITICO...

Lo schema di decreto legislativo anticorruzione che riguarda la parte relativa al riordino della trasparenza sul web è stata oggetto dell'esame dell'Authority sulla Privacy, presieduta da un ex politico.
Il risultato è interessantissimo perchè, nell'elencare quali siano i dati non pubblicizzabili e quali quelli pubblicizzabili (e, questi ultimi, entro che limiti) il Garante ha fornito all'opinione pubblica una informazione (questa si completa) di cosa dovrebbe disporre una vera legge anticorruzione che tutti i partiti, peraltro, promettono, in campagna elettorale, di voler approvare nel futuro Parlamento.
Il garante non vuole che si pubblichino i dati sulle consulenze (e relativi compensi) dei pubblici dipendenti.. Inoltre ritiene che vada rispettata la riservatezza dei parenti dei politici. Non solo la moglie di Cesare, quindi, potrà d'ora in poi sentirsi al sicuro da occhi e domande indiscrete sulla propria situazione patrimoniale ma tutta la folta parentela. Inoltre anche ciò che sarà pubblicato lo dovrà essere a termine e/o con limitazioni di accessibilità.Forse perchè , come il pesce, alla lunga la puzza di questi dati possa essere avvertita da tanti, da troppi, anche da quelli con il naso (e non solo quello) chiuso.Via libera invece , riguardo ai dipendenti pubblici, per le retribuzioni tabellari (notoriamente variabili e a sorpresa....) e per i curricula (notoriamente veritieri.....). Se questa presa di posizione ha leggermente interdetto l'attuale Ministro della Funzione Pubblica (di solito imperturbabile ed equilibrato) , come appare dalle dichiarazioni rese alla stampa, significa che effettivamente si tratta di qualcosa di pesante. Nella speranza che dopo le elezioni si cambi rotta nel Paese e nelle Istituzioni, l'AGL , sommessamente, rinnova la richiesta fatta che vengano resi pubblici non solo l'ammontare dei premi ricevuti dai dirigenti della PA ma anche quali obbiettivi raggiunti li giustifichino. Insomma, ci piacerebbe che un domani , come accade per i piloti di Formula 1, il politico (e soprattutto il suo serbatoio = portafoglio) , venga pesato prima e dopo la gara (cioè l'incarico rivestito) per verificare che si sia comportato con lealtà e correttezza. .Nel frattempo, non sarebbe male se il nuovo Parlamento varasse una norma che non consentisse ad un ex parlamentare di essere membro (né tanto meno Presidente) di Authority. Crediamo che il motivo sia evidente...