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giovedì 17 dicembre 2015

Banche salvate, l’annuncio di Renzi: «Cantone gestirà gli arbitrati» Il premier al Tg5: «Preferirei che i casi non fossero gestiti da Consob e Bankitalia ma da Anac. Faremo tutto il possibile perché chi è stato truffato possa avere i soldi»

AGL: bravissimo Presidente Renzi. Questo è il segnale che l'Italia pulita attendeva.
Il Dott. Raffaele Cantone è entrato in magistratura nel 1991. È stato sostituto procuratore presso il tribunale di Napoli fino al 1999, anno in cui è entrato nella Direzione distrettuale antimafia napoletana di cui ha fatto parte fino al 2007. Si è occupato delle indagini sul clan camorristico dei Casalesi, riferite anche nel noto best seller di Roberto Saviano, Gomorra, riuscendo ad ottenere la condanna all'ergastolo dei più importanti capi di quel gruppo fra cui Francesco Schiavone, detto Sandokan, Francesco Bidognetti, detto Cicciotto 'e Mezzanott, Walter Schiavone, detto Walterino, Augusto La Torre, Mario Esposito e numerosi altri. Si è occupato anche delle indagini sulle infiltrazioni dei clan casertani all'estero; in particolare in Scozia, dove è stata individuata una vera e propria filiale del clan La Torre di Mondragone dedita al reinvestimento in attività imprenditoriali e commerciali di proventi illeciti, in Germania, Romania ed Ungheria dove esponenti del clan Schiavone durante la latitanza si erano stabiliti ed avevano acquistato beni immobili ed imprese. Ha curato il filone di indagini che hanno riguardato gli investimenti del gruppo Zagaria a Parma e Milano facendo condannare per associazione camorristica un importante immobiliarista di Parma. Vive tutelato dal 1999 e sottoposto a scorta dal 2003 in quanto gli investigatori scoprirono un progetto di un attentato ai suoi danni organizzato dal clan dei Casalesi.

lunedì 14 dicembre 2015

Papa Francesco: dare lavoro a tutti i giovani, non solo ai raccomandati

AGL: speriamo che le parole di Papa Francesco illuminino i parlamentari che stanno elaborando la riforma della Pubblica Amministrazione italiana...

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Fonte: http://it.radiovaticana.va/

Francesco: dare lavoro a tutti i giovani, non solo ai raccomandati

Fare di tutto per sconfiggere la disoccupazione giovanile. E’ l’appello levato da Papa Francesco nell’udienza ai partecipanti al Progetto Policoro, iniziativa per il lavoro giovanile nata vent’anni fa come frutto del Convegno ecclesiale nazionale di Palermo. Francesco ha incoraggiato i giovani a non rassegnarsi dinanzi alle difficoltà nel trovare lavoro e ha ammonito che il lavoro non deve essere un dono concesso solo ai raccomandati. Nell’occasione di questa udienza, il Papa ha incontrato anche un gruppo di detenuti della Casa di Reclusione di Sant'Angelo dei Lombardi. Il servizio di Alessandro Gisotti:
http://it.radiovaticana.va/news/2015/12/14/francesco_dare_lavoro_ai_giovani,_non_solo_ai_raccomandati/1194231



Il Progetto Policoro ci dimostra che anche per i giovani è possibile un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale. Papa Francesco ha esordito così nel suo discorso tutto incentrato sulla dignità del lavoro, specie per i giovani. “Non perdiamo di vista l’urgenza di riaffermare questa dignità!”.
Troppi giovani sono vittime della disoccupazione
Ogni lavoratore, ha soggiunto, “ha il diritto di vederla tutelata, e in particolare i giovani devono poter coltivare la fiducia che i loro sforzi, il loro entusiasmo, l’investimento delle loro energie e delle loro risorse non saranno inutili”:
“Quanti giovani oggi sono vittime della disoccupazione! E quando non c’è lavoro, rischia la dignità, perché la mancanza di lavoro non solo non ti permette di portare il pane a casa, ma non ti fa sentire degno di guadagnarti la vita! Oggi sono vittime di questo”.
Il lavoro non vada solo a raccomandati e corrotti
“Quanti di loro – ha ripreso – hanno ormai smesso di cercare lavoro, rassegnati a continui rifiuti o all’indifferenza di una società che premia i soliti privilegiati – benché siano corrotti – e impedisce a chi merita di affermarsi”:
“Il premio sembra andare a quelli che sono sicuri di se stessi, benché questa sicurezza sia stata acquisita nella corruzione. Il lavoro non è un dono gentilmente concesso a pochi raccomandati: è un diritto per tutti!”
Voi, ha detto rivolgendosi ai giovani del Progetto Policoro, “rappresentate certamente un segno concreto di speranza per tanti che non si sono rassegnati, ma hanno deciso di impegnarsi con coraggio per creare o migliorare le proprie possibilità lavorative”. Il mio invito, ha detto, “è quello di continuare a promuovere iniziative di coinvolgimento giovanile in forma comunitaria e partecipata”. Spesso, ha constatato, “dietro a un progetto di lavoro c’è tanta solitudine: a volte i nostri giovani si trovano a dover affrontare mille difficoltà e senza alcun aiuto”. E, ha proseguito, “le stesse famiglie, che pure li sostengono – spesso anche economicamente – non possono fare tanto, e molti sono costretti a rinunciare, scoraggiati”.
La risposta della Chiesa è la testimonianza
Di fronte a questa situazione, ha esortato Francesco, la Chiesa è chiamata a dare una testimonianza, a “sostenere le nuove energie spese per il lavoro; promuovere uno stile di creatività che ponga menti e braccia attorno a uno stesso tavolo”, la Chiesa “accomuna tutti”. E ha messo in guardia da chi confonde la “realizzazione” della persona “con un certo modello di ricchezza e di benessere che spinge a ritmi disumani. Non sia così per voi”. “Alla scuola del Vangelo, dunque”, ha ribadito, troviamo “la via giusta”:
“È vero, Gesù non ha direttamente insegnato come inventarci possibilità lavorative: no, ma la sua parola non smette mai di essere attuale, concreta, viva, capace di toccare tutto l’uomo e tutti gli uomini. Oggi parla anche a noi: ci esorta a fare delle nostre idee, dei nostri progetti, della nostra voglia di fare e di creare una lieta notizia per il mondo”.
Prendersi cura dei giovani disoccupati, sono la carne di Cristo
“Il vostro lavoro – ha detto ancora – io l’ho molto a cuore, perché soffro quando vedo tanta gioventù senza lavoro, disoccupata”. Ed ha rammentato che in Italia, i giovani  fino a 25 anni soffrono quasi il 40% di disoccupazione. A volte, ha detto con un rammarico, un giovane disoccupato si ammala, “cade nelle dipendenze o si suicida”:
“Questi giovani sono la nostra carne, sono la carne di Cristo e per questo il nostro lavoro deve andare avanti per accompagnarli e soffrire in noi quella sofferenza nascosta, silenziosa che angoscia loro tanto il cuore. Vi assicuro la mia preghiera, vi sono vicino: contate su di me, per questo, perché questo mi tocca tanto”.

sabato 12 dicembre 2015

RISPARMIATORI ROVINATI: UNA RIFLESSIONE SUL SENSO DELL'ONORE DEI VERTICI DI BANCA D'ITALIA E DELLA CONSOB

AGL: domandiamo al grande scrittore Andrea Camilleri, autore, nel 2007, dell'articolo seguente pubblicato su www.lastampa.it se ritiene che dopo quanto successo negli ultimi 8 anni (e in particolare nella settimana appena passata)  la stragrande maggioranza del popolo italiano, di fede cattolica, sarebbe ancora d'accordo nel dissuadere i personaggi ai vertici di Banca d'Italia, Consob e delle banche in genere, dal trarre le estreme conseguenze di un rigoroso rispetto del senso dell'onore (ammesso che in loro ve ne sia ancora - o ve ne sia mai stata - traccia)...

fonte www.lastampa.it

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L’Italia non rischia un Matsuoka

Il ministro giapponese si è ucciso avendo trasgredito l’obbligo all’onestà assoluta. Se l’usanza si diffondesse da noi porterebbe a un rovinoso spopolamento
31/05/2007
Apprendo dai giornali e dalle tv che il ministro giapponese dell’Agricoltura Toshikatsu Matsuoka, facente parte dell’attuale governo presieduto da Shinzo Abe, si è impiccato perché accusato, pare con solido fondamento, di essere coinvolto in scandali finanziari. Ha obbedito a quell’antico codice di condotta giapponese che si chiama Bushido e che obbliga, tra l’altro, prima di tutto all’onestà assoluta nell’esercizio delle proprie funzioni. La faccenda, come cittadino italiano, mi preoccupa enormemente. Perché temo il contagio, allo stesso modo dell’influenza aviaria. Prima di Matsuoka, mi era capitato di leggere di tanto in tanto che manager giapponesi che avevano condotto al fallimento le aziende da loro guidate si erano buttati giù dall’alto di un grattacielo o avevano fatto addirittura harakiri come i samurai di una volta.

Le mie parole vogliono in qualche modo contribuire a scongiurare la spaventosa possibilità che anche nel nostro amato paese si diffonda una simile barbara usanza che porterebbe in breve l’Italia a un rovinoso spopolamento di industriali, di imprenditori, di manager pubblici, a un pericoloso depauperamento di quelle eccelse intelligenze che guidano le sorti delle nostre capacità produttive. Da noi fortunatamente è invalso l’uso che un manager che ha completamente fallito, che so, la gestione delle Ferrovie, invece di sentirsi costretto al suicidio, sia trasferito, dopo aver ricevuto un’ultramiliardaria liquidazione, a gestire l’Alitalia; che un banchiere, tante volte inquisito per bancarotta, non solo rimanga al suo posto, ma possa anche estendere, con fusioni e accorpamenti, il suo personale potere tra il plauso dei politici che sperano, in ginocchio attorno al tavolo del banchetto, che venga loro gettato qualche osso. Fallisce la Cirio? Fallisce la Parmalat? I piccoli risparmiatori vengono defraudati dei loro risparmi? Viviamo in un paese cattolico. Se si commette un errore, ci si confessa e si viene assolti. Il suicidio, come si sa, è un peccato mortale. Tenetelo presente, industriali e manager italiani: non lasciatevi, per carità, contagiare.  """

mercoledì 9 dicembre 2015

IL FUTURO DI PARTE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ITALIANA? NELL'AGRICOLTURA

AGL: siamo pienamente d'accordo con l'autore di questo articolo e con il Prof. Ichino. Solo alcune precisazioni:

  1. ci sembra che sia venuto il momento, ormai che la frittata è fatta e gli altarini sono scoperti, che anche i Ministri Madia e Poletti dicano chiaro, perchè è questo che vuole il Paese (e a questo invece si oppongono i sindacati nemici del Governo) che per pubblici e privati debbano valere le stesse regole (e sarebbe grave se la riforma della PA andasse in direzioni diverse).Si operi quindi sulle norme esistenti per spazzare via questi dubbi.
  2. I rituali, continuati e noiosi piagnistei della FP-CGIL non commuovono nessuno. Ci mancherebbe altro che nella PA non venissero licenziati per giusta causa coloro che commettono reati. Il problema è che sarebbe ora che anche nel pubblico ci fossero i licenziamenti per gmo (giustificato motivo oggettivo). Che , in parole povere, è lo strumento per risolvere il problema che si crea quando un posto di lavoro non serve più o serve troppo poco (e non è questa la situazione addirittura di interi rami delle Pubbliche Amministrazioni?)
  3. E non è che se la sentenza della Cassazione è arrivata dopo due giorni dalla manifestazione per il contratto questa sia una rappresaglia del sistema. Come già da noi scritto, è la categoria, grazie a quei sindacati, che si è autocastrata da anni. Il blocco dei contratti è conseguenza di quel che pensa l'opinione pubblica dei pubblici dipendenti.
  4. Occhio però ai furbetti del posticino. Non è che ora che si sta per licenziare sul serio va fatta tornare di moda la ripubblicizzazione, che è cosa buona e giusta. E no, belli! Qui occorre una politica dei tre tempi. Prima ripuliamo la PA dai delinquenti e dai corrotti, poi la alleggeriamo dei fannulloni e degli inutili con licenziamenti mirati e poi, per non farla ri-pappare da CGIL,CISL, UIL, CONFSAL, UGL, ecc. la cambiamo, decontrattualizzandola e rilegificandola! Solo così certi giochetti finiranno una volta per tutte! E rilanceremmo l'attività agricola soprattutto al Meridione.




I dipendenti del pubblico impiego sono licenziabili come quelli del settore privato!


Il cosiddetto Jobs Act lascia aperti i dubbi di interpretazione sulla parità tra pubblico e privato e la Cassazione cerca di fare chiarezza sul tema. Seppure la sentenza faccia riferimento alla riforma Fornero del 2012 , la Cassazione ha ritenuto applicabile al riformato articolo 18, anche al pubblico impiego. Tale pronuncia apre ovviamente il capitolo dell’applicazione delle “tutele crescenti” anche al pubblico impiego e ciò proprio perché la riforma del lavoro di Renzi ha lasciato (volutamente?) dubbi di interpretazione. Con questa sentenza, che farà giurisprudenza, i licenziamenti nel pubblico impiego saranno finalmente parificati a quelli del settore privato. E’ una sentenza che contrariamente a quanto sostenuto dai Ministri Madia e Poletti, riguarda chiaramente il pubblico impiego.
La sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 24157 del 25 novembre 2015 ha stabilito, quindi, che l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, come modificato dalla legge Fornero, si applica anche ai dipendenti pubblici. I giudici della Cassazione hanno precisato che è innegabile che il nuovo testo dell’art. 18 legge come modificato dalla legge Fornero (art. 1 legge n. 92/2012,) trovi applicazione ratione temporis al licenziamento disciplinare per i dipendenti pubblici, eliminando molti dubbi interpretativi e avallando la tesi di chi, come il senatore Ichino, ha sempre sostenuto che la riforma dell’art. 18 si applicasse anche al pubblico impiego perché una norma speciale di esclusione non c’è mai stata. Ma i dubbi sul presente permangono, la sentenza non chiarisce affatto se il c.d. Jobs Act –  in realtà il decreto sul contratto a tutele crescenti – si estende anche ai dipendenti pubblici assunti dal 7 marzo in poi.  Ebbene, una precisazione è d’obbligo, il decreto sul contratto a tutele crescenti non modifica l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori che resta com’è e dov’è.
Il decreto n. 23/2015 introduce nuove regole per gli assunti dal 7 marzo in poi, senza abrogare l’art. 18 dello Statuto e delimitando all’art. 1, il campo di applicazione delle nuove regole. Infatti, il contratto a tutele crescenti si applica a operai, impiegati e quadri, un sistema di classificazione del personale proprio del lavoro privato, che potrebbe mascherare l’intento del legislatore di escludere i dipendenti pubblici. L’art. 1, d. lgs. n. 23/2015 non contenendo alcuna esclusione e nella formulazione operata dal legislatore, giustifica i dubbi sull’estensione di tali regole anche ai lavoratori pubblici, dubbi che permangono anche alla luce della sentenza della Cassazione del 25 novembre 2015. In realtà,  i tempi sarebbero maturi per il superamento delle disparità tra dipendenti pubblici e privati e per l’applicazione delle stesse regole che valgono per i lavoratori privati anche per i lavoratori pubblici. Trovo curioso che si parli di discriminazione tra dipendenti privati quando si tratta delle tutele crescenti e si dimentica la più grande delle discriminazione: quella tra  lavoratori pubblici e privati.
07/12/2015

venerdì 4 dicembre 2015

AGL E' D'ACCORDO COL MOVIMENTO 5 STELLE: ABOLIRE EQUITALIA, SENZA "SE" E SENZA "MA"

                                                           On. Luigi Di Maio (M5S)

AGL: sosteniamo con tutto il cuore la battaglia del M5S per abolire Equitalia. Consigliamo vivamente di collegarsi a  https://it-it.facebook.com/abolirequitalia/  , Pagina ufficiale del Gruppo Parlamentare del Movimento Cinque Stelle per l'abolizione di Equitalia. 

INVITIAMO PERO' I CITTADINI VESSATI A EVITARE OGNI GESTO VIOLENTO NEI CONFRONTI DI AGENZIA DELLE ENTRATE E DI EQUITALIA. CONTRO QUESTE DEGENERAZIONI DELLO STATO DI DIRITTO PRIVE DI UMANITA' , INFATTI, E' NECESSARIO COSTRUIRE UNA GRANDE ALLEANZA CHE SI DOTI DI UNA STRATEGIA CHE PREVEDA COSA ACCADRA' "DOPO" PER EVITARE CHE DALLA CONFUSIONE SCATURISCA UNA SITUAZIONE PEGGIORE. QUESTE REALTA' SONO FATTE DI MIGLIAIA DI PICCOLI FUNZIONARI E MODESTI  ESATTORI (CHE SONO IN MEZZO A NOI) MODERATI CHE NON CONDIVIDONO LE IDEOLOGIE ABERRANTI E GLI INTERESSI INCOFFESSABILI DI CHI LI COMANDA E CHE VORREBBERO FARE SOLO IL LORO UMILE DOVERE. OCCORRE QUINDI SAPER DISTINGUERE TRA GLI UNI E GLI ALTRI.

Guardate ad esempio cosa è successo ieri (e quale escalation potrebbe scatenarsi) :
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Riceve una cartella esattoriale e distrugge la sede di Equitalia con un casco

L’episodio consumatosi stamane nel cosentino, ha portato all’arresto di un quarantenne incensurato che con un casco da motociclista ha devasto la sede di Equitalia a Corigliano.

CORIGLIANO CALABRO – Questa mattina a Corigliano Calabro i carabinieri della locale stazione hanno tratto in arresto un quarantenne del posto. L’uomo, sino ad oggi incensurato, è stato ammanettato con l’accusa di danneggiamento aggravato nei confronti dell’ente di riscossione crediti Equitalia. Una mattinata di ordinaria follia quella che a cui hanno assistito decine di persone presenti all’interno degli uffici. Il contribuente, esasperato, si è lasciato trascinare dall’ira e dalla rabbia distruggendo l’intera sede tra urla, paura e il fuggi fuggi generale dei clienti terrorizzati.
A scatenare la furia cieca dell’uomo, una multa salatissima con annesso fermo amministrativo del proprio mezzo. L ’uomo è arrivato stamattina presso gli uffici di Equitalia, in Via Delle Stampe, per chiedere spiegazioni e protestare per la multa ed il blocco del mezzo. Ma quando gli addetti allo sportello gli hanno fatto notare all’uomo i pregressi non pagati, che avrebbe dovuto comunque saldare quanto dovuto e che non avrebbero potuto fare nulla, l’uomo prima ha iniziato a inveire verso il personale. Poi, quasi improvvisamente, è andato in escandescenza iniziando a scagliare un casco da motociclista contro le parti della sede e le vetrate sia delle porte che degli uffici, mandandole in frantumi. Panico tra i dipendenti e le persone presenti, anche perché l’uomo sembrava una furia.  Avrebbe poi iniziato a prendere a calci le sedie e solo l’arrivo dei carabinieri, che hanno bloccato l’uomo portandolo in caserma, ha riportato la calma nel’ufficio, dove alcune persone, sotto shock e prese dalla paura, hanno avvertito un malore. Sul posto, infatti è arrivata anche l’ambulanza del 118 con il personale.
Non è la prima volta, purtroppo, che assistiamo a scene del genere nelle sedi di Equitalia di tutta Italia, dove le persone, esasperate dalla pioggia di cartelle esattoriale, si lasciano andare a gesti eclatanti, tra i quali molto spesso vi è anche il suicidio.

mercoledì 2 dicembre 2015

AGL: E' ARRIVATO IL MOMENTO DI SCARDINARE I DIRITTI ACQUISITI E DI EFFETTUARE IL RICALCOLO CONTRIBUTIVO DELLE PENSIONI

AGL: è giunta l'ora: il Governo tocchi le pensioni. Le pensioni erogate, sia quelle col sistema retributivo, che contributivo che misto, sono pagate dai contributi di chi oggi lavora.Ma rispetto al passato, quelli che lavorano oggi sono troppo pochi e non è giusto che giovani precari o lavoratori soggetti a frequenti interruzioni della contribuzione debbano pagare in maniera così onerosa la pensione a chi col vecchio sistema continuerà ad avere pensioni pari al 90 % di quanto prendeva con l'ultimo stipendio.Chi paga oggi andrà in pensione in età molto più avanzata e con un assegno che coprirà se va bene il 40-50% di quanto guadagnava fin quando lavorava.E' quindi ora di farla finita con questa colossale ingiustizia tra generazioni e di andare oltre l'attuale contributo di solidarietà. Occorre un ricalcolo contributivo per tutti rispettoso necessariamente di un principio di progressività.E ovviamente bisogna tagliare una volta per tutte i privilegi.E se il ricalcolo non fosse possibile farlo per il settore pubblico perchè lo Stato non pagava i contributi dei suoi dipendenti, meglio ancora: sarebbe l'occasione per una storica dimostrazione di attaccamento alla Patria da parte di chi per decenni l'ha servita. Invece dell'oro, stavolta si chiederebbe di restituire allo Stato una parte dell'assegno!
Pensate poi che bello sarebbe rifare una sanatoria globale degli immigrati come nel 2003, quale gigantesca iniezione di nuova contribuzione ciò provocherebbe.Ma la partita decisiva da giocare (è un vecchio cavallo di battaglia dell'AGL) è quella per lo smantellamento dei cosiddetti diritti acquisiti che sarebbe meglio ridenominare "ingiustizie consolidate". Siamo convinti che nella società c'è ormai una maggioranza favorevole a questo rivolgimento e, anche nella minoranza che ne gode, molti , per illuminazione o sensi di colpa, sarebbero favorevoli. Vediamo se tra i tanti candidati leader politici italiani qualcuno intende far propria questa battaglia decisiva.

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fonte: www.rainews.it

L'Ocse: "Bene le riforme, ma fare altri sforzi" Pensioni, Boeri: "Per i nati negli anni '80 assegni più bassi del 25% e dopo i 70 anni" Il presidente dell'inps presenta il rapporto Ocse "Pensions at a glance 2015" - 
02 dicembre 2015 Chi oggi ha 35 anni prenderà nell'intera vita pensionistica in media un importo complessivo di circa il 25% inferiore a quella della generazione precedente (i nati intorno al 1945) pur lavorando fino a circa 70 anni. La simulazione arriva dall'Inps sulla base di un campione di circa 5.000 lavoratori nati nel 1980. Lo ha detto il presidente dell'Inps, Tito Boeri presentanto il rapporto Ocse "Pensions at a glance 2015". Nati negli anni '80: assegni più bassi e in pensione più tardi Quando si analizzano gli importi di pensione - ha spiegato Boeri nel corso della presentazione del Rapporto Ocse 'Pensions at a Glance 2015' - ''bisogna tenere conto anche da quando questi assegni sono stati percepiti''. Se si guarda alla distribuzione per età alla decorrenza delle pensioni dirette del Fondo lavoratori dipendenti tre quarti sono state percepite prima dei 60 anni. Secondo le proiezioni Inps per i lavoratori classe 1980 solo il 38,67% la prenderà prima dell'età di vecchiaia, che per gli attuali 35enni significa nel 2050 a 70 anni di età. Sarà più basso quindi il trasferimento pensionistico complessivo (perchè percepito per meno anni), ma anche il tasso di sostituzione medio rispetto alla retribuzione che sarà intorno al 62%. ''Si lavorerà più a lungo - ha detto Boeri - anche in rapporto alla speranza di vita. Le pensioni saranno del 25% più basse di quelle di oggi tenendo conto degli anni di percezione'' e ci saranno, a fronte di una crescita del pil all'1% e di possibili interruzioni di carriera, ''problemi di adeguatezza'' dell'importo. Con il sistema contributivo inoltre, se non si metterà in campo uno strumento di sostegno contro la povertà come il reddito minimo, ci saranno ''problemi per chi perderà il lavoro sotto i 70 anni''. Il rapporto Ocse L'Italia ha fatto importanti riforme del sistema previdenziale in direzione dell'aumento dell'età di uscita dal lavoro e della riduzione della spesa futura ma perché il sistema sia finanziariamente sostenibile sono necessari "ulteriori sforzi negli anni a venire". Il rapporto Ocse "Pensions at a glance 2015" dà atto al nostro Paese di aver intrapreso un cammino virtuoso ma sottolinea che quanto fatto finora non basta. Il nostro Paese ha la spesa previdenziale più alta dopo la Grecia rispetto al Pil (15,7% nel 2013 a fronte dell'8,4% medio nell'Ocse) e contributi previdenziali sul lavoro dipendente rispetto alla retribuzione al 33%, percentuale top tra i Paesi Ocse. I pensionati attuali - emerge dal Rapporto - hanno tassi di sostituzione netta rispetto al salario medio, vicini all'80% a fronte del 63% medio dei paesi più sviluppati e assegni in media largamente superiori ai contributi versati. Con la riforma del 2011 - spiega l'Ocse - sono state adottate importanti misure per ridurre la generosità del sistema, in particolare attraverso l'aumento dell'età pensionabile e la sua perequazione tra uomini e donne ma l'invecchiamento della popolazione continuerà ad esercitare pressioni sul finanziamento del sistema''. L'Ocse sottolinea che la sentenza della Corte Costituzionale sulla mancata perequazione nel 2012-13 per le pensioni superiori a tre volte il minimo e i rimborsi decisi dal Governo ''avranno un impatto sostanziale sulla spesa pubblica''. Nel breve periodo vanno cercate risorse per ridurre al minimo l'impatto della sentenza mentre nel lungo periodo bisognerà stimolare la partecipazione dei lavoratori anziani al mercato del lavoro. Se infatti il tasso di occupazione degli over 55 in Italia è aumentato di 15 punti (dal 31% al 46%) negli ultimi 10 anni è anche vero che questo è ancora di molto inferiore alla media Ocse (57%). Boeri: "Anziani meno colpiti dalla crisi" "Gli anziani - secondo quanto ha spiegato il presidente Inps - sono stati colpiti dalla crisi economica in misura minore rispetto alle altre fasce di età. Oggi vivono in una situazione di povertà relativa il 9,3% degli over 65 contro il 12,6% medio della popolazione totale. Il rischio di povertà - sottolinea il Rapporto - si è trasferito dagli anziani ai giovani. il 15% delle persone tra i 18 e i 25 anni sono povere''. Sindacati: "No a nuova stretta" I sindacati ribadiscono il no a nuovi interventi di 'stretta' sul sistema previdenziale. ''La tenuta finanziaria del nostro sistema previdenziale - dice il segretario confederale Cgil Vera Lamonica - non è a rischio, di certo lo è l'entità delle prestazioni per ampie fasce della popolazione: basta riforme per fare cassa, si restituisca equità e solidarietà al sistema. "L'Italia - avverte il segretario confederale Cisl Maurizio Petriccioli - è il Paese che più di ogni altro, fra quelli dell'area Ocse, ha realizzato, negli ultimi 20 anni, interventi legislativi che hanno messo in sicurezza la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico, trascurandone semmai la sostenibilità sociale". Il rapporto Ocse - afferma il segretario confederale Uil Domenico Proietti - "continua a perseverare nell'errore di quantificare la spese per le pensioni al 15,7%, non tenendo conto che questo dato somma la spesa previdenziale con quella assistenziale". -